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Libia, Haftar: "La missione italiana? Viola sovranità, senza accordo con noi è un'invasione"

Lʼuomo forte del Parlamento di Tobruk ridimensiona lʼannuncio del possibile bombardamento delle navi italiane, ma resta fermo sul fatto che si tratti di "unʼaggressione"

Libia, Haftar:
ansa

Ottimi rapporti con l'Italia e la volontà di mantenerli, ma anche la ferma difesa della sovranità della Libia.

Così l'uomo forte del Parlamento di Tobruk, il generale Khalifa Haftar, torna a parlare della missione navale italiana: "Non c'è stata alcuna intesa con noi. Sarraj ha violato in modo grave gli accordi in cui si dice che mosse di questo genere vanno coordinate tra noi. Senza la nostra autorizzazione è un'invasione".

"Italia è Paese amico, ma noi abbiamo il diritto di difenderci" - "Libici e italiani sono amici - ha quindi spiegato Haftar intervistato dal "Corriere della Sera" -. E, proprio perché i nostri rapporti sono eccellenti, tengo a combattere chiunque provi a rovinarli. Noi libici teniamo alla nostra indipendenza e sovranità. Nessuno può entrare con mezzi militari nelle nostre acque territoriali senza autorizzazione. Sarebbe un'invasione e abbiamo il diritto-dovere di difenderci".

"Non si tratta di un atteggiamento specificamente anti-italiano - ha quindi aggiunto -. Vale per qualsiasi nave militare straniera che resta un obbiettivo legittimo, se non si coordina con le mie forze armate".

"Serraj ha violato gli accordi di Parigi, ma l'Italia è corresponsabile" - Al centro della controversia sulla missione italiana resta quindi il gioco di forze ed equilibri interni alla Libia e che vede Tobruk da una parte e Tripoli dall'altra: "Sarraj ha violato in modo grave gli accordi" di Parigi, "dove si dice esplicitamente che mosse di questo genere vanno coordinate tra noi. Ma la violazione è anche italiana. A Roma sono corresponsabili, sanno benissimo che Sarraj non ha alcuna autorità per permettere alle vostre navi di venire nelle nostre acque territoriali".

La "debolezza strutturale" di Tripoli e i migranti -  Ma nonostante questo "tradimento" di Serraj gli accordi di Parigi restano validi e Haftar sottolinea come il problema resti la "debolezza strutturale" di Tripoli: "Il suo problema è che dipende dalle milizie, non possiede un esercito regolare come il nostro. Ecco perché subisce anche il peso delle bande di scafisti e della criminalità che gestisce il traffico dei migranti in Tripolitania".

La ricetta di Haftar per fermare i migranti: "Servono 20 miliardi in 20 anni" - Ed è quindi il momento per Haftar di introdurre la sua ricetta contro le partenze di migranti dalla Libia: "Il problema non si risolve sulle nostre coste - ha spiegato infatti al "Corriere" -. Se non partono più via mare ce li dobbiamo tenere noi e la cosa non è possibile. Anche gli accordi del vostro ministro degli Interni Minniti con le tribù, le milizie e le municipalità del nostro deserto sono solo palliativi, soluzioni fragili. Dobbiamo invece lavorare assieme per bloccare i flussi sui 4.000 chilometri del confine desertico libico nel sud. I miei soldati sono pronti. Io controllo oltre tre quarti del Paese. Possiedo la mano d'opera, ma mi mancano i mezzi".

E per mezzi il generale intende "corsi di addestramento per le guardie di frontiera, munizioni, armi, ma soprattutto autoblindo, jeep per la sabbia, droni, sensori, visori notturni, elicotteri, materiali per costruire campi armati di 150 uomini ciascuno altamente mobile e posizionati ogni minimo 100 chilometri". Un'operazione da "circa 20 miliardi di dollari distribuiti su 20 o 25 anni per i Paesi europei uniti in uno sforzo collettivo", "nulla - ci tiene a sottolineare Haftar -, se paragonata a quello che l'Europa stanzia per Erdogan. La Turchia prende 6 miliardi per controllare un numero infinitamente inferiore di profughi siriani e qualche iracheno".