Speciale Europee 2024
DALLE EUROPEE ALLE LEGISLATIVE

Terremoto politico in Francia, cosa sta succedendo e perché ci interessa

Dopo le elezioni europee e la decisione di Macron di sciogliere il Parlamento per l'exploit dell'estrema destra, i Repubblicani mandano a gambe all'aria la politica francese. Ma come funziona la politica francese? Analisi e scenari

di Maurizio Perriello
26 Giu 2024 - 17:14

Le elezioni europee ci hanno mostrato una cosa, tra le tante: quello per il Parlamento Ue è un voto interno ai Paesi e le varie destre nazionali sono, per l'appunto, nazionali. Vogliono cose diverse e non sono uguali, al di là dell'etichetta. Le urne hanno poi evidenziato le spinte nazionaliste superano quelle europeiste, anche in Stati molto importanti. Come la Francia, per esempio. Dopo il riconoscimento dell'exploit del Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella e la convocazione di nuove elezioni legislative in estate, Emmanuel Macron si è trovato di fronte a guardare dal suo scoglio la tempesta politica innescata dalla decisione del presidente dei Repubblicani francesi Éric Ciotti di allearsi con il partito di Le Pen. Una decisione enorme e inedita in Francia, che vedrebbe dunque la destra abbracciare l'estrema destra. Talmente enorme che i "baroni" dei Républicains hanno destituito Ciotti. Perché tutto questo è così importante in Francia? E quali conseguenze potrebbe avere per l'Europa?

Capire la Francia

 Iniziamo da qualche precisazione utile a comprendere cos'è oggi la Francia. Nessun presidente di altri Stati Ue ha i poteri di quello francese. Neanche il presidente americano è così potente, come certificato dallo stesso Barack Obama (che è stato docente universitario di Diritto Costituzionale) durante le vacanze passate assieme a Nicolas Sarkozy. La presidenza francese è di stampo monarchico per effetto della riforma voluta da Charles De Gaulle all'indomani della Seconda Guerra Mondiale, con la nascita della Quinta Repubblica. Macron in questo senso è un gollista in piena regola, anche se sulla carta si pone tra le forze moderate e non di certo con quella che è ufficialmente la "destra gollista". Quest'ultima è rappresentata dai Repubblicani, che però da mesi avevano mostrato affinità retoriche sempre più vicini a quelle tradizionali del Rassemblement National di Le Pen e dell'altro partito di estrema destra Reconquête, guidato da Eric Zemmour e dalla capolista Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen.

Se la destra gollista incontra l'estrema destra

 Un avvicinamento sfociato in un sodalizio per volontà di Ciotti, che però è percepito come un sacrilegio. Primo: perché nell'ideologia, ancora molto sentita nei circoli francesi, i gollisti combatterono materialmente i collaborazionisti e i nazisti. Il Rassemblement National, anche se ha cambiato nome, è l'erede del partito fondato dagli ex collaborazionisti di Petain (nemici acerrimi di De Gaulle). Secondo: perché Les Républicains hanno sempre fatto parte del cosiddetto "cordone sanitario" che si opponeva a Le Pen assieme a Renaissance di Macron, pur non essendone alleato. Fino al voltafaccia di Ciotti, che ha ovviamente scatenato l'indignazione di macronisti e sinistra. E che quindi potrebbe portare all'effetto contrario, donando a Macron l'opportunità di trovare modo e manovre per non perdere seggi in vista delle elezioni di luglio. Senza dimenticare che il presidente potrà continuare a rimanere tale anche in caso di sconfitta alle imminenti legislative, visto che ha già dichiarato che non si dimetterà in ogni caso e che, dal giugno 2022, governa pur non avendo alcuna maggioranza assoluta in Parlamento.

Il successo dell'ultradestra e la questione sicurezza

 Se in Germania l'exploit di Alternative für Deutschland ci dice che non sono i neonazisti a voler governare, ma un blocco sassone-bavarese che vuole scalzare la leadership renano-anseatica (cioè tedesca occidentale) che guida il Paese da 70 anni, in Francia il successo dell'ultradestra ci rivela altro. Innanzitutto la protesta contro un’élite conservatrice giudicata troppo europeista e poco attenta agli interessi nazionali. E poi la grande insicurezza di ampie porzioni di Paese, lontane dalla cosmopolita Parigi. Insicurezza intesa in senso letterale, come "assenza di sicurezza". Perché dai sondaggi emerge come gran parte dei francesi percepisca una società "più selvaggia e pericolosa", in cui uscire di casa può farti finire vittima di un attentato terroristico o di un delitto a opera di stranieri non assimilati. Colpa di Macron, secondo Le Pen e soci. E anche secondo più del 30% degli elettori francesi: una percentuale mai raggiunta da un partito francese da quando esiste l'elezione diretta degli europarlamentari. Se da un lato non è la prima volta che il partito di Le Pen vince le elezioni europee, dall'altro mai lo aveva fatto con un margine così vigoroso. Il Rassemblement National potrà così portare da 23 a 30 il numero di europarlamentari a Strasburgo. E, in caso di vittoria anche nelle legislative di luglio, anche conquistare Palais Bourbon (sede dell'Assemblée Nationale, la camera bassa francese).

La strategia di Macron

 Macron ha tre settimane di tempo per invertire il trend del voto europeo, ma forse è rimasto preda di "un misto di bluff e auto-persuasione", come scrive Le Monde. Molti analisti sostengono che il presidente abbia sbagliato i calcoli e strategia politica. Possibile, certo. Non era costretto a esercitare l'articolo 12 della Costituzione della V Repubblica e sciogliere l'Assemblea Nazionale, e potrebbe non essere in grado di recuperare il terreno perduto da qui alle elezioni legislative. Perché allora lo ha fatto? Innanzitutto per distrarre dal successo (clamoroso) dell'estrema destra alle europee, spostando l'attenzione sull'altrettanto clamoroso scioglimento del Parlamento. Scommettendo sulla carta del rispetto della volontà popolare e del fatto che si sia trattato di un voto di protesta, tutto sommato ribaltabile. Nei fatti, però, è la prima volta nella storia della Quinta Repubblica francese che un presidente si è esposto così tanto per un voto europeo. Chiaro, dunque, che l'esito rappresenti per lui una sconfitta personale, un attestato popolare di sfiducia. Nel calcolo di Macron, fare finta di nulla avrebbe significato consegnare il Paese nelle mani di Le Pen e Bardella, innescando una rabbia sociale e politica insostenibile fino alle presidenziali del 2027. "Non possiamo cedere il potere agli estremisti fra tre anni", ha infatti dichiarato il presidente.

Cosa può succedere alle elezioni in Francia

 La speranza di Macron è che si formi un fronte repubblicano che voglia allearsi per arginare la deriva sovranista, se non formando una maggioranza sufficiente almeno rendendo ingovernabile il Parlamento. A quel punto potrebbe esercitare i suoi enormi poteri presidenziali, garantiti dalla Costituzione, per riportare l'equilibrio. Potrebbe però verificarsi lo scenario opposto, con una coalizione di estrema destra che conquista la maggioranza assoluta in Parlamento. Magari con un'alleanza tra Rassemblement National, Reconquête e i "pentiti" di altri partiti, sulla scia di Ciotti. Nonostante il dietrofront di Maréchal, che rifiuta "il principio di un accordo" sulle legislative col partito della zia Marine Le Pen. Ulteriore evoluzione: Bardella potrebbe diventare primo ministro francese, coabitando in maniera potenzialmente esplosiva con il suo avversario e presidente Macron. Per quest'ultimo non si tratterebbe tuttavia di un'ipotesi così malvagia: il capo dell'Eliseo spererebbe in una convivenza istituzionale complicata con Bardella, in modo da mostrare al Paese l'inadeguatezza al governo del partito di Le Pen. Evitando che quest'ultima possa essere scelta come presidente nel 2027.

La sfiducia del macronismo parte da lontano

 Il successo dell'estrema destra in Francia è la parte finale di un lento processo innescato negli Anni Ottanta, ma che con la presidenza Macron ha registrato una decisa accelerazione. I motivi non sono europei, ma puramente francesi e riguardano l'insofferenza nei confronti di una leadership giudicata troppo "succube" degli egemoni Stati Uniti e troppo "annacquata" nell'inconsistente Ue. Moltissimi giovani francesi hanno scelto il partito di Le Pen e Bardella perché propone una ricetta chiara sui temi più caldi: la sicurezza, la perdita di potere d'acquisto, l'aumento del costo di energia e carburanti, l'immigrazione, la competizione ucraina nell'agricoltura. Il conflitto in corso in Ucraina ha inoltre determinato un riarmo e un interventismo, dichiarati e incarnati proprio da Macron, che minaccia di mandare in guerra i giovani e le minoranze. L'"ensauvagement de la France", per usare un'espressione del politologo Jean-Yves Camus, è sotto gli occhi di tutti i francesi da oltre un anno, con le proteste e le ondate di violenza civile inaspritesi dopo la morte 16enne Nahel a Nanterre nel 2023. Da allora, la violenza minorile è diventata una piaga diffusa. L'estrema destra ha avuto gioco facile nell'additare Macron come principale responsabile di tale degenerazione sociale. Alcune città, compresa Nizza, hanno introdotto un coprifuoco notturno per i minori di 13 anni. Le scuole sono diventate "bunker" con tanto di tornelli d’ingresso e uscita e videosorveglianza.

Immigrazione, assimilazione e banlieue

 L'integrazione degli immigrati, soprattutto musulmani dal Nord Africa, sembra essersi inceppata sui tentativi di trasformarla in assimilazione. Quella dell'assimilazione degli immigrati è una delle grandi scommesse perse dal presidente in carica, che non è riuscito a rendere "francesi" quelle ampie fette di popolazione che invece calcolava di nazionalizzare. Musulmani compresi, attraverso i celebri "Imam di Stato" che avrebbero dovuto instradare i fedeli verso un Islam imperniato sui valori repubblicani francesi. Col risultato che la paura del jihadismo è la più diffusa nel Paese. E che banlieue e periferie sono diventate l'anticamera dell'inferno per tantissimi francesi, come nel caso di Saint Denis, alle porte di Parigi, che subirà una trasformazione radicale in vista delle Olimpiadi 2024, con migliaia di immigrati sfrattati e finiti per strada.

Cosa cambia per l'Europa

 In un periodo di profonda stanchezza imperiale degli Stati Uniti, impegnati su troppi fronti di guerra e indeboliti da tensioni interne, la Francia cerca di ergersi a guida d'Europa. Nel supporto all'Ucraina, nelle decisioni di Bruxelles, nell'influenza sui dossier globali. Anche l'Eliseo, però, ha perso colpi. Le ex colonie africane si sono allontanate dal soft power di Parigi, sulla scia della presenza di Cina, Russia e Turchia al di là del Mediterraneo. Il caos interno alla Francia minaccia ora di mettere in crisi situazioni internazionali che coinvolgono anche noi e gli altri Stati Ue, dall'Ucraina a Gaza, passando per il commercio e le forniture energetiche. Quando si è dentro un sistema sovranazionale come l'Unione europea o la Nato, braccio politico e armato Usa nel Vecchio Continente, le grandi crisi si possono risolvere soltanto in quelle sedi. Le difficoltà della Francia, uno dei motori dell'Ue, porteranno Parigi ad avere meno peso all'interno delle istituzioni comunitarie e sul piano mondiale, in scia a un processo contro-occidentale innescato da tempo e ora in piena accelerazione. Con sempre più analisti a chiedersi cosa succederà se all'Eliseo andrà "l'amica di Putin" Marine Le Pen. Tre settimane che valgono tre anni.

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