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Cop26, accordo raggiunto a Glasgow: stop alla deforestazione entro il 2030 | Johnson: "Ancora molta strada da fare"

Cina e India frenano sulle emissioni zero: l'obiettivo slitta al 2070. E Pechino ha aumentato anche la produzione giornaliera di carbone. L'Ue: 100 Paesi pronti a ridurre le emissioni di metano

I leader di oltre 100 Paesi si impegnano a porre fine alla deforestazione entro il 2030, con un investimento da 19,2 miliardi di dollari. E' l'accordo raggiunto alla Cop26 di Glasgow. "Queste cattedrali della natura, sono i polmoni del nostro pianeta. C'è ancora molta strada da fare", sottolinea il premier britannico Boris Johnson. Tra i firmatari della "Dichiarazione di Glasgow su foreste e terra" anche Jair Bolsonaro, Xi Jinping e Vladimir Putin.

Sul tema deforestazione, la spaccatura per una volta non c'è stata. Come dimostrano le firme in calce alla dichiarazione annunciata dal premier britannico, sul piano condiviso da 110 nazioni per mettere fine già in questo decennio, non in un futuro incerto, alla sistematica "devastazione" di alberi per milioni di ettari: "cattedrali della natura", come le ha definite Johnson, che permettono il respiro della Terra.

 

Un progetto legato alla promessa di finanziamenti da 15 miliardi di sterline (quasi 20 miliardi di dollari): 8,7 coperti da fondi pubblici, 5,3 da investimenti privati. Impegni destinati ad andare anche a beneficio di "popolazioni indigene e comunità locali" che di quelle foreste sono "custodi", ha giurato Johnson, non senza esaltare l'adesione a questo accordo di leader i cui Paesi coprono l'85% del patrimonio forestale del globo: incluse la sterminata Russia di Vladimir Putin, l'Indonesia, il Congo, la Colombia e, più importante di tutti, il Brasile, il cui presidente attuale, Jair Bolsonaro, si è guadagnato negli anni del suo mandato l'ostilità di India e di molti altri detrattori, avendo accresciuto, non certo attenuato, il disboscamento senza tregua della colossale selva pluviale amazzonica.

 

"Questo è il più grande passo avanti nella protezione delle foreste del mondo da una generazione", afferma con entusiasmo la presidenza britannica della conferenza Onu sui cambiamenti climatici, che ha preso il via domenica in Scozia. Tra i Paesi che hanno aderito all'accordo figurano - oltre a Brasile, Cina, e Russia - anche Stati Uniti, Canada e Repubblica Democratica del Congo.

 

Saranno quindi mobilitati 5,3 miliardi di sterline di investimenti privati, di cui un miliardo sarà dedicato alla protezione del bacino del Congo, che ospita la seconda foresta tropicale più grande del mondo.

 

Chiudendo il vertice, Boris Johnson ha espresso "cauto ottimismo", avvertendo però che resta ancora "molta strada da fare". Il premier britannico ha poi evocato la necessità di evitare prematuramente tutti "gli entusiasmi esagerati" e le "false speranze".

 

Il summit  tuttavia, in attesa di sessioni e negoziati tecnici destinati a protrarsi sino alla prossima settimana, ha prodotto per ora risultati soltanto parziali sulla questione chiave del contenimento delle emissioni nocive che alimentano la minaccia dei cambiamenti climatici; sull'impegno a mantenere l'innalzamento delle temperature del globo entro il tetto di 1,5 gradi in più rispetto all'era pre-industriale; e soprattutto sui tempi per passare dalle parole ai fatti: questioni che continuano a dividere i Paesi, inclusi quelli più grandi e storicamente responsabili dell'inquinamento, lungo linee di faglia ispirate a enormi interessi geopolitici, economici e magari a calcoli di consenso interno. "Abbiamo fatto molto, ma molto resta ancora da fare", ha sintetizzato il presidente Usa Joe Biden.

 

 

Emissioni zero, Cina e India rimandano al 2070 la scadenza

"Occorre agire subito", è il monito emerso alla Cop26 di Glasgow, ma la strada è in salita. La Cina, infatti, critica a testa bassa gli Usa, per l'inquinamento del passato: le sue emissioni storiche sono 8 volte quella della Cina. E' soprattutto il premier indiano Modì a gelare il forum: "L'India raggiungerà l'obiettivo delle emissioni zero nel 2070".

 

La Cina aumenta la produzione di carbone - Intanto la Cina ha aumentato la produzione giornaliera di carbone di oltre un milione di tonnellate negli sforzi per allentare la crisi energetica: proprio mentre a Glasgow i leader mondiali sono impegnati nei colloqui sul clima per scongiurare gli effetti del global warming. La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, il massimo organo cinese impegnato nella pianificazione economica, ha infatti reso noto che la produzione media giornaliera di carbone da parte di Pechino è salita a oltre 11,5 milioni di tonnellate dalla metà di ottobre, con un aumento di 1,1 milioni di tonnellate rispetto alla fine di settembre.

 

Ue: 100 Paesi pronti a ridurre le emissioni di metano Sono 100 i Paesi che hanno aderito all'iniziativa globale per ridurre del 30% "le emissioni di metano entro il 2030", ha dichiarato il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ridurre il potente gas serra di un terzo rispetto ai livelli del 2020 "rallenterà immediatamente il cambiamento climatico", ha detto, annunciando anche "un miliardo di euro per l'impegno globale sulle foreste". 

 

Con la riduzione delle emissioni di metano 200mila morti in meno all'anno Secondo la Coalizione per il clima e l'aria pulita e il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente, col raggiungimento dell'obiettivo di ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030, si eviterebbero oltre 200mila morti premature, centinaia di migliaia di visite di emergenza legate all'asma, e oltre 20 milioni di tonnellate di perdite di raccolto all'anno.

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