Ammettiamolo: in molti, dopo aver letto le prime rivelazioni pubblicate da Wikileaks, si saranno detti Beh, tutto qui?. Perché le pagelline che i diplomatici americani danno dei leader mondiali, lasciano un po il tempo che trovano. Che Berlusconi sia vanitoso, Sarkozy un arrogante, la Merkel un po paracula, Ahmadinejad un piccolo Hitler, Karzai paranoico, Hu Jintao pensi solo allegemonia dellAsia, ci potevamo arrivare da soli senza che a) spie segretissime sul posto raccogliessero materiale; b) le ambasciate facessero da filtro; c) il dipartimento di Stato americano schedasse tutto; d) qualche gola profonda vendesse tutto il materiale a Wikileaks; e) e Wikileaks lo pubblicasse dopo una campagna pubblicitaria efficace e senza precedenti. Per giorni siamo stati martellati dalle imminenti rivelazioni che avrebbero sconvolto il mondo e i suoi equilibri. Un sito fino a poco tempo fa sconosciuto, stava per rivelarsi il più grande nemico dellordine precostituito. Perché diciamolo: è proprio questo il punto più interessante di tutta la faccenda. Come sia possibile che un portale fino a ieri ignoto ai più, lontano da grandi gruppi editoriali e free, quindi per antonomasia povero in canna, possa accedere a una serie di documenti riservati che sembravano capaci di far tremare le grandi potenze.
Il giorno dopo, il mondo è ancora qui, tutto sommato né migliore, né peggiore di prima. E nemmeno molto più informato, visto che molti cercano di nasconderlo, ma nei 250mila e rotti documenti che verranno pubblicati, nessuno è classificato come top secret. La vera notizia, quindi, non sta tanto nel contenuto, ma nel processo perverso che si è scatenato e che ha messo in luce tutti i difetti di un mondo globalizzato, interconnesso e un po spione.
La democrazia reale degli americani si è scoperta fragile un 11 settembre di 9 anni fa, quando cittadini statunitensi, anche se di origine araba, approfittarono delle maglie larghe del sogno americano per addestrarsi come piloti, tanto da poter condurre un volo di linea a schiantarsi contro le Torri gemelli, simbolo di quel capitalismo che evidentemente non era stato ben digerito. La democrazia virtuale nata con Internet si scopre fallace un giorno di fine novembre, quando si capisce che il vero nemico non sono gli hacker che violano server e segreti ma segreti che diventano di pubblico dominio perché, di fatto, lo sono già, circolando in Rete sotto forma di email e dispacci che basta un clic per catturare, salvare ed eventualmente vendere. Basta un Wikileaks qualunque per trasformare la libertà di parola in un incubo per le diplomazie, mettendo a rischio rapporti decennali ed equilibri geopolitici più o meno consolidati.
E allora la domanda è lecita: a chi conviene tutto questo? Proprio il signor Assange, che sembra uscito da Ipotesi di complotto dove il tassista paranoico Mel Gibson viveva credendo di essere perseguitato dallintelligence di tutto il mondo, dovrebbe dimostrare come anche Wikileaks sia democratico e rivelare se non il nome, almeno le generalità delle sue gole profonde e soprattutto dei finanziatori. La Cina? Frange anti Obama che vogliono screditarlo? Schegge impazzite? I templari? Gli illuminati? Assange dimostri che se la democrazia consiste nel libero accesso a ogni tipo di informazione, ci sia democrazia anche sul suo modo di informare. Ci dica chi lo finanzia e perché. Così che il puzzle sia completo e non solo, restando in tema, un messaggio in codice senza la chiave di decrittazione.
Gian Luca Rocco