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La storia di Selene, volontaria 2.0

Tutto il mondo la chiama, non lʼItalia

A soli 26 anni lavora da tempo nel sociale con Nazioni Unite e Banca Mondiale in quattro continenti.

Un mese fa ha visto tre talebani far saltare in aria una foresteria Onu a Kabul, uccidendo sei osservatori. E a febbraio sarà la più giovane relatrice a Davos per il World Economic Forum, pare su segnalazione diretta di un pezzo grosso svizzero. Eppure il nome di Selene Biffi in Italia non dice ancora nulla. E pensare che su questa ragazza milanese ma ormai cittadina del mondo cose da dire ce ne sarebbero molte, lei che lunedì tornerà in Afghanistan per pubblicare manuali in lingua dari e pashtun e insegnare alla popolazione come sopravvivere tra stenti e incuria.

Una laurea in Bocconi, un master in vista, una famiglia di piccoli imprenditori brianzoli alle spalle che le ha trasmesso la passione per il prossimo. Selene ha fondato sei anni fa Youth Action for Change, associazione nata per collegare i giovani italiani impegnati per chi ha bisogno. Poi il progetto prende tutt’altra direzione e oggi è il primo programma internazionale che indirizza nell’impegno sociale centinaia di giovani tra i 15 e i 30 anni in tutto il mondo.

Selene e il suo gruppo di lavoro (ragazzi da El Salvador all’Ucraina, ndr) sfruttano al massimo ogni declinazione della Rete. Online volontari di 130 Paesi prendono parte a corsi di formazione gratuiti per ricostruire quelle fette di mondo dove uomo o natura hanno dato il peggio di sé. Tramite Facebook avviene il passaparola e il reclutamento. Tramite i blog si racconta la vita quotidiana di chi non conosce altro che la guerra.

Domanda di conoscenza e offerta di know how sono pressoché gratuiti. Ma mantenere progetti sul campo e siti Web costa lo stesso.  “Abbiamo chiesto aiuto a istituzioni e privati italiani. Qualcuno mi ha risposto: ‘Se lei avesse 50 anni i finanziamenti glieli darei subito ma così giovane non posso…’ ”. Oggi Yac vive di borse di studio e di contratti con Onu, Amnesty, Oxfam ed enti locali. “I nostri interventi hanno premi e attestazioni in tutto il mondo, addirittura ci sostiene economicamente una fondazione di Singapore ma dall’Italia solo inviti a convegni e il patrocinio gratuito del Ministero della Gioventù. Stop. Niente fondi” ammette Selene che comunque guarda in faccia disillusa la realtà : “Il nostro volontariato è apolitico e aconfessionale. Una scelta di principio e di correttezza. Ci muoviamo in libertà, superiamo il concetto tradizionale di cooperazione di sinistra o nell’ambito cattolico”. La domanda sorge spontanea: in Italia serve una denominazione di origine controllata per tendere la mano al prossimo?

Guai a guardarsi indietro: la 26enne di Mezzago (Mi) ha appena chiuso il ventesimo corso online di formazione. I corsi durano tre mesi: da un lato, ad esempio, un esperto peruviano racconta come far fruttare un terreno, dall’altro giovani dell’Uganda smaniosi di trasformare sotto casa la teoria in pratica.

Afghanistan, tra morte e “manuale delle giovani marmotte”
Lunedì 7 dicembre Selene Biffi saluterà mamma e papà per tornare sul luogo della mattanza. All’alba di mercoledì 28 ottobre, in piena bagarre per le presidenziali, nel quartiere Wasir di Kabul tre finti poliziotti si presentano davanti al compound che ospita (guardacaso) gli osservatori Onu. Due entrano e sparano, il terzo tiene a bada un'intera squadra di poliziotti locali. Sei volontari Onu non ne escono vivi. “Ero a pochi minuti di strada dall’attentato, amici del posto mi hanno raccontato tutto. Ho perso due amiche, una lascia due figli, l’altra cinque. Però ho avuto una conferma su tante cose”.  Una su tutte: la favola che all’Onu mai nessuno farà del male. “Il tutti-ci-vogliono-bene-perché-siamo-l’Onu- è superato da un pezzo. La sicurezza prima: un contractor australiano vicino al compound Onu ha sparato, salvando decine di volontari”.

Tra una manciata di ore Selene ritornerà quindi in prima linea. “Il mio contratto con una piccola agenzia Onu prevede sei mesi per preparare un sussidiario”. Niente errori di interpretazione: sarà un vademecum, un “manuale delle giovani marmotte” dove però non si insegna a dormire all’addiaccio bensì a star svegli e sopravvivere. “Scriviamo e illustriamo il perché l’acqua torbida vada almeno filtrata - anticipa Selene - perché è necessario lavarsi spesso le mani. O insegniamo a non lasciare la carne macellata alla mercè di mosche e polvere”.

The Forgotten Diaries, blog in tempo di guerra
E’ il progetto più multimediale in assoluto e tra i migliori di “Youth Action of Change”. Premiati sul piano internazionale otto volte nel 2008, i  “diari dimenticati” sono quelli di “guerre dimenticate”. ForgottenDiaries è la guerra raccontata dai giovani nell’era di Internet dai Paesi in conflitto. L’omonimo sito raccoglie i blog di una cinquantina di ragazzi in nove distinte aree del mondo tutte fondate sulla premiata ditta kalashnikov & Co. Dal Caucaso a Timor Est, dal Delta del Niger al Kashmir decine di blogger descrivono a più mani la guerra sotto un’unica pagina Web. “Tutti vengono dal corso  con gli esperti del Centro Pulitzer - rivela Selene - conoscono l’etica del giornalismo e le tecniche di pubblicazione. Poi via, senza correzioni o censura”.

ForgottenDiaries vive di vita propria grazie alla già citata donazione targata Singapore. La speranza non muore mai: quando Selene Biffi da Mezzago avrà l’età giusta per un finanziamento italiano, magari qualcuno dei conflitti raccontati in ForgottenDiaries sarà finito.


Sauro Legramandi