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Obama: "Nuovo piano per Sanità"

Sul piatto una legge da 634 miliardi

26 Feb 2009 - 08:35

Nella sua prima proposta di legge di bilancio che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si appresta a presentare sono incluse misure per portare nell'arco di 10 anni ad un ammontare complessivo di 634 miliardi di dollari le spese governative per la copertura sanitaria. Lo ha anticipato il New York Times, che cita fonti della Casa Bianca. La cifra equivale alla metà di quella necessaria a garantire la mutua a tutti gli americani.

La proposta di Obama, secondo quanto riportato sul sito del New York Times, si fonda su un mix tra riduzioni fiscale per il ceto medio e aumento della pressione fiscale per le categorie a reddito più elevato (non viene precisata la cifra). Nel suo intervento al Congresso Obama aveva parlato di una riduzione fiscale per tutti coloro che hanno un reddito inferiore ai 250mila dollari l'anno. La finanziaria prevede anche di estendere fino a oltre il 2010 la riduzione fiscale per 400 dollari all'anno prevista dal piano di stimolo approvato due settimane fa, e già trasformato in legge. Obama nei giorni scorsi aveva sostenuto che la sua manovra è in grado di ridurre il deficit americano di quasi due terzi nell'arco di quattro anni, portandolo dagli attuali 1.500 miliardi di dollari a 533 miliardi di dollari nel 2013.

Il discorso "ambizioso" di Obama
Nel suo primo ambizioso discorso alle Camere dopo l'Insediamento Barack Obama ha mostrato agli Stati Uniti in recessione la luce alla fine del tunnel dopo cinque settimane passate prospettando catastrofi in toni apocalittici. Grandi idee e promesse a tutto campo: perfino una cura del cancro "nell'arco della nostra vita" non sembra un obiettivo fuori tiro per il presidente di 'L'Audacia della Speranza' che ha riportato la parola 'Hope' (speranza) al centro del messaggio invitando gli americani a rimboccarsi le maniche per "ricostruire" e far "ripartire il motore della prosperità".

E' una iniezione di ottimismo necessaria a calmare le ansie di un paese ammalato di sfiducia: "Il peso della crisi non determinerà il destino della nazione: le risposte ai nostri problemi non sono fuori dalla nostra portata. Esistono nei laboratori e nelle università, nei campi e nelle fabbriche, nell'immaginazione degli imprenditori, nell'orgoglio dei nostri lavoratori, i migliori del mondo". Echi dei grandi del passato hanno puntellato il messaggio: William Churchill tre settimane dopo Pearl Harbor e JFK, ma soprattutto due mentori bipartisan, il democratico Franklin Delano Roosevelt e il repubblicano Reagan rivistati nello spirito di un governo interventista alla Great Society di Lyndon Johnson.

Consapevole dei "tempi straordinari" in cui ha assunto il mandato, Obama ha detto che l'America è la nazione di Abraham Lincoln e Franklin Roosvelt che "vede promesse nel pericolo", la nazione di Kennedy che, sospinta dalla guerra fredda, "ha mandato l'uomo sulla Luna". La politica interna ha dominato il discorso: agli affari internazionali il presidente ha riservato pochi accenni sempre con un forte richiamo ai valori ("L'America non tortura") e in nome di un impegno al "dialogo con il mondo" in vista dell'annuncio, sabato in North Carolina, sul ritiro di decine di migliaia di soldati dall'Iraq entro l'agosto 2010: una decisione che chiude il capitolo della guerra voluta dal suo predecessore e che consentirà vasti risparmi in vista del dimezzamento del deficit entro il 2013.

"Una crisi che non è nata ieri"
Siamo onesti, ha detto Obama, con una allusione agli anni della presidenza Bush che gli hanno lasciato in eredità una caterva di disastri: "Questa crisi non è nata ieri". Ci vorranno tre anni per la ripresa totale dell'economia, aveva avvertito il capo della Fed, Ben Bernanke, poche ore prima che Obama delineasse la sua ricetta di speranze e realtà davanti a deputati, senatori, membri del governo, generali, giudici costituzionali, eroi come il pilota Sully Sullenburger, miracolosamente ammarato sull'Hudson, e il banchiere di Miami Leonard Abess invitato con altri 21 ospiti d'onore nella tribuna della First lady Michelle: ha distribuito ai 399 dipendenti il bonus da 60 milioni di dollari e Obama lo ha additato a testimonial della nuova era di "responsabilità" collettiva con cui il 20 gennaio ha inaugurato la presidenza. Due grandi assenti: il ministro della giustizia Eric Holder, nel caso in cui una catastrofe nucleare avesse annientato il Capitol e tutti i suoi occupanti, e il senatore Ted Kennedy, malato di cancro al cervello: l'aula lo ha salutato con una "standing ovation" quando Obama gli ha reso omaggio come "uno che (come aveva chiesto suo fratello JFK) non ha mai smesso di chiedersi che cosa puoi fare per il Paese".

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