Dopo le minacce del premier Hasina
Tregua in Bangladesh dove le guardie di confine ammutinate hanno iniziato a deporre le armi. Dopo una giornata di scontri, generati dai fucilieri ribelli per ottenere un aumento di paga, è intervenuto il primo ministro, Sheikh Hasina. La signora, in un discorso alla Nazione, ha chiesto ai paramilitari di arrendersi minacciando severe punizioni, ma al contempo impegnandosi per una soluzione. Le vittime della rivolta sono 77, di cui 67 militari.
Il premier: "Negoziare e non usare la forza"
Nel primo banco di prova per il premier, entrata in carica meno di due mesi ponendo fine a due anni di regime militare, Sheikh Hasina si è dimostrata dura. In un breve intervento in televisione, la signora Hasina ha detto: "Non vogliamo usare la forza sbloccare la situazione, ma non giocate con la nostra pazienza. Non esiteremo a usare ogni mezzo nel bene del Paese per fermare le violenze se i mezzi pacifici risulteranno inefficaci". Hasina, che ha fatto interrompere la rete di telefonia mobile, ha ribadito poi che il governo "sta tentando di risolvere il problema con la negoziazione e non con l'uso della forza", dichiarandosi "scioccata" per quello che è successo mercoledì.
Forse l'opposizione dietro l'ammutinamento
Nel suo discorso, la Hasina ha fatto capire che dietro l'ammutinamento vi sarebbero alcuni personaggi vicini all'ex primo ministro Khaleda Zia, ora all'opposizione. Alcune fonti giornalistiche riferiscono che gruppi estremisti come il Jamaat-e-Islami, starebbero aiutando i ribelli per sfruttare la situazione. La Hasina, nel suo discorso, ha chiesto ai rivoltosi "di non stare a sentire ogni chiacchiera o discorso provocatorio".
"Stiamo deponendo le armi"
Dopo il discorso del premier, la stampa bengalese ha annunciato, citando il ministro degli Interni, Sahara Kathun, che i fucilieri ammutinati hanno deposto le armi. Secondo il giornale bengalese The News, il ministro degli interni di Dacca Sahara Kathun ha confermato al telefono che alle 15 ora del Bangladesh, i fucilieri ammutinati hanno deposto le armi e sono ritornati nelle loro caserme. "Abbiamo già rimesso le nostre armi nelle armerie" ha detto un ufficiale del Bangladesh Rifles all'esterno del quartier generale del corpo paramilitare a Dacca. "Abbiamo deciso di ritornare nelle nostre caserme dopo l'impegno del primo ministro ad acconsentire alle nostre richieste".
Decine di morti nell'ammutinamento
La rivolta delle guardie di frontiera, un corpo paramilitare composto da tre-quattromila unità, contro i propri superiori era scoppiata mercoledì per la richiesta respinta di aumenti di stipendio, vacanze e buoni alimentari. Gli insorti avevano cominciato a sparare uccidendo 67 ufficiali e una decina di civili e hanno preso in ostaggio un centinaio di persone, tra cui alcuni ufficiali."Tirano in modo indiscriminato - ha detto un dirigente di polizia del distretto di Moulivibazar, nel nordest -. Un loro ufficiale mi ha detto di essere fuggito dal campo".
In poche ore la rivolta si era allargata con episodi di ammutinamento e sparatorie nelle strade in una dozzina di distretti (un quarto di quelli presidiati dai cosiddetti "fucilieri del Bangladesh" o "Bdr") di confine fuori dalla capitale Dacca.
Mercoledì, a notte fonda, sembrava che fosse tornata la calma, dopo che molte guardie di frontiera avevano deposto le armi nel quartier generale dei Bangladesh Rifles (Bdr) nella capitale, dopo l'amnistia offerta dal primo ministro che si è anche impegnato a esaminare le rivendicazioni dei paramilitari. Ma poi gli scontri sono ripresi.