Paolo Savona su Il Messaggero
Il vertice delle tre organizzazione Onu incaricate dello sviluppo in agricoltura e della lotta alla fame nel mondo (Fao, Wfp e Ifad) cade in un momento molto delicato nel settore dei beni alimentari: prezzi alle stelle e accaparramento di scorte. A farne le spese sono i più poveri del Pianeta e questo giustifica l'ampia presenza di capi di Stato (circa 50), non però fuso della palestra per fini diversi da quelli di affrontare il drammatico problema degli 800 milioni di persone che tuttora vivono sotto la soglia minima di sopravvivenza.
L'Onu aveva preso impegno di dimezzarne il numero, ma le statistiche indicano che è aumentato di altri 150 milioni e, se non si fa qualcosa nell'immediato, crescerà ancora. Il salario di milioni di persone nei Paesi emergenti si colloca a livelli prossimi a quelli di sussistenza e l'aumento dei prezzi dei beni alimentari sospinge nuovamente sotto questa soglia coloro che ritenevano d'esserne usciti. Il rischio di tensioni sociali e di una loro saldatura con il terrorismo incombe sul mondo in misura crescente.
Questo quotidiano ha denunciato da tempo l'esistenza del problema: nei Paesi emergenti lo sviluppo industriale è stato virulento c ha ampliato i redditi delle famiglie che si sono riversati innanzitutto sui beni alimentari, senza che l'agricoltura si fosse preparata a fronteggiare questa domanda aggiuntiva. Taluni beni agricoli sono stati usati per produrre fonti alternative di energia phe, pur non avendo raggiunto dimensioni ragguardevoli, hanno operato come la classica goccia che fa traboccare il vaso. Gli operatori più scaltri hanno fiutato questi andamenti e proceduto a operazioni speculative le quali, tuttavia, a detta del presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, non sono il fattore scatenante l'aumento dei prezzi degli alimentari.
Questo è lo scenario che il vertice romano deve affrontare, se intende dedicarsi a questo e non ad altri problemi. L'offerta di beni alimentari non è prontamente adattabile, ma la domanda incalza e a essa bisogna dare immediata risposta. Non resta altro che replicare quanto fatto dal Piano Marshall nell'immediato dopoguerra: i Paesi con eccessi di produzione alimentare o che possono "forzare l'offerta" provvedano a mettere insieme i beni necessari e I'Onu a distribuirli, raccomandando ai Paesi che "non esiste un pranzo gratis".
Ovviamente per chi non è in condizione di pagarlo in tutto o in parte, perché gli altri, soprattutto se dispongono di riserve ufficiali accumulate vendendo petrolio e prodotti industriali, devono provvedere ad alleviare l'effetto dei propri errori di composizione della domanda aggregata. Come fece l'Italia per la piccola industria, si dedichi il potenziale ricavato per stimolare la produzione interna di beni alimentari nei Paesi deficitari. Il caso "di successo" di Taiwan dimostra quanto si possa fare con piccole cose: un quarto di secolo fa, prima ancora del boom industriale, l'isola era costellata da piccoli pozzi dove si allevavano gamberetti e pescetti e da piccole colture di beni alimentari che hanno dato da mangiare a un popolo veramente povero.
Questo nel breve andare. Allo stesso tempo, tuttavia, si convore, la Cee ben operò in tal senso, ma oggi deve rivedere la sua politica agricola e non presentarsi al mondo con l'immagine di chi, con 950 milioni di affamati, butta via il latte per farne aumentare il prezzo. Vergogna! La situazione odierna è prossima a quella descritta da Frangois Quesnay, medico di corte del Re di Francia e fondatore della Scuola fisiocratica in economia, che in molti ridicolizzarono per le sue idee: egli attirò l'attenzione sul ruolo centrale dell'agricoltura nei processi di sviluppo, segnalando che l'industria generava redditi che si sarebbero riversati sui beni alimentari creando povertà e disordine sociale. Propose la prima contabilità sociale (il Tableau économique) per tenere conto delle proporzioni "di natura" tra beni alimentari e altre produzioni, che molti Paesi odierni, Cina e India in testa, hanno trascurato di considerare. Sarà questo il messaggio che uscirà dal vertice?