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"Salvini ci fa fare solo pessima figura", "No, Asselborn ha sbagliato": gli italiani in Lussemburgo si dividono

A Tgcom24 la testimonianza di chi nel Granducato si è fatto una vita

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"Gli italiani che lavorano in Lussemburgo pagano ovviamente le tasse qui, contribuendo molto di più al futuro della gioventù locale che di quella italiana".

Alla diatriba di Vienna, tra il ministro dell'Interno Matteo Salvini e il collega lussemburghese degli Esteri Jean Asselborn, rispondono così, pur con qualche distinguo, alcuni italiani del Granducato interpellati da Tgcom24. Al tavolo dove Salvini si diceva contrario al fatto che l'immigrazione potesse essere usata dai Paesi più ricchi per sopperire alla mancanza di forza lavoro, Asselborn interrompeva ricordando dei molti italiani che tra inizio ‘900 e Secondo dopoguerra emigrarono nel suo Paese per mantenere le loro famiglie in Italia.

Le posizioni degli italiani "Il riferimento che il ministro degli Esteri del Lussemburgo - ammette a Tgcom24 A.C., che da qualche mese vive e lavora nel Granducato nel settore dell'agricoltura e preferisce non rendere pubblico nome e cognome, - fa in francese ai soldi presi dagli italiani 'che fanno vivere i figli in Italia' è stupido, in quanto gli italiani che lavorano qui pagano ovviamente le tasse qui, contribuendo molto di più al futuro della gioventù locale che di quella italiana". In Lussemburgo, come lui, sono oltre 27.000 gli italiani residenti, stando ai numeri del Viminale.

“Non vedo una contraddizione invece - risponde Elio Litti, residente in Lussemburgo e dipendente presso l'Eurostat, l'ufficio statistico dell'UE - nell'idea di essere aperti ad una immigrazione disciplinata e contemporaneamente avviare una serie di misure a favore della natalità. Salvini usando espressioni  agghiaccianti come “sostituzione della popolazione italiana”, ci fa fare solo una pessima figura”.

“Qui in Lussemburgo da italiani, e quindi da stranieri, - dice Luigi Calvetti, che gestisce un'associazione di italiani residenti in Lussemburgo (Italiani.lu) - si ha la percezione di cosa dovrebbe essere l'utopia europea, che auguro vivamente alla mia Italia. Non certo il modello ungherese. I miei figli parlano sei lingue e passano ogni giorno la frontiera per frequentare una scuola statale tedesca lussemburghese, in barba ai muri e alle divisioni che alcuni vorrebbero”.

L'emigrazione italiana "Gli italiani iniziarono a spostarsi in Lussemburgo negli anni '90 del 1800 - ricorda A.C - al fine di lavorare soprattutto nell'ambito industriale, in particolare minerario e siderurgico".

"Il Lussemburgo, così come la Lorena francese, la Vallonia belga e tutta la regione della Ruhr in Germania, - aggiunge Elio Litti - sono tutti bacini molto ricchi di minerali che hanno richiamato moltissima manodopera, anche dal Portogallo per esempio. Il risultato oggi è che in Lussemburgo, dove gli stranieri rappresentano il 47,9% della popolazione, il numero dei discendenti portoghesi è incredibilmente alto, dati Statec alla mano”.

Il primo italo-lussemburghese a ricoprire una carica politica "Tra chi arrivò qui allora dall'Italia, si può citare Luigi Rech - continua A.C.. - Nato a Faller, in provincia di Belluno, giunse in Lussemburgo nel 1927, a Dudelange, quando era ancora molto piccolo insieme alla sua famiglia. Lavorò in seguito in una acciaieria e prese la cittadinanza nel 1956, quasi 30 anni dopo essere arrivato. Divenne poi sindacalista e membro del partito socialista, fino a diventare nel 1985 borgomastro di Dudelange, diventando il primo italo-lussemburghese a ricoprire una carica politica. Morì qualche anno fa”.