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Legge di Stabilità 2016: perché si parla di manovra in deficit

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La legge di Stabilità 2016 ha un valore complessivo di 27-30 miliardi di euro, di cui una larga parte in deficit.

Quella differenza che oscilla intorno ai tre miliardi di euro dipende dalla concessione dell'UE di un margine di flessibilità di alcuni decimali. La Commissione europea, d'altro canto, ha "rimandato" un giudizio definitivo sulla manovra dell'Italia ai prossimi mesi, quando verificherà che vi sia stato effettivamente un aumento degli investimenti pubblici rispetto all'anno precedente. Questo perché il Governo ha deciso di ricorrere a tre clausole di flessibilità: una dedicata alla spesa per investimenti, appunto, una per le riforme strutturali e una terza per la copertura delle risorse utilizzate per l'emergenza migranti. A tutto ciò si devono però aggiungere le ultime modifiche dell'Esecutivo alla legge di Stabilità (misure che si è deciso di adottare dopo i tragici eventi di Parigi legati al terrorismo internazionale) per un costo totale di circa due miliardi, uno destinato alla sicurezza e l'altro alla cultura (che prevede in particolare un bonus da 500 euro per 550 mila neomaggiorenni). L'urgenza va tuttavia a scapito delle imprese che confidavano nell'anticipo del taglio dell'Ires (l'imposta sul reddito delle società) per il 2016 (misura che era comunque condizionata dall'ok alla clausola per gli eventi eccezionali), mentre ora dovranno attendere il 2017.

Legge di Stabilità 2016: perché si parla di manovra in deficit


La legge di Stabilità, cos'è?


La legge di Stabilità (fino al 2009 legge Finanziaria) è, di fatto, il principale strumento di finanza pubblica, insieme alla legge di bilancio dello Stato. Serve a regolare la vita economica del Paese per il triennio di riferimento e non può esulare da quelli che sono i criteri imposti dal Trattato di Maastricht (non a caso nella legge di Stabilità deve essere esplicitato il saldo netto da finanziare, vale a dire il disavanzo pubblico tra spese e entrate finali). Viene presentata dal Governo al Parlamento entro il 15 ottobre (in passato era il 30 settembre), che deve approvarla entro la fine dell'anno.

Manovra restrittiva, manovra espansiva


In queste settimane si è parlato molto di "manovra espansiva” in riferimento alla legge di Stabilità presentata dal Governo. Un cambio di paradigma rispetto al recente passato – dal Governo Monti in poi – in cui si è prestata maggiore attenzione al riordino dei conti pubblici. Un altro modo di dire piuttosto frequente negli anni della crisi economica, infatti, è stato "fare i compiti a casa”, per indicare cioè l'impegno dei Paesi membri dell'UE a rispettare i parametri di Maastricht. Questi ultimi furono stabiliti nel 1993, furono in seguito aggiornati e alla fine resi vincolanti nel 2012 con il Patto di bilancio europeo, il Fiscal compact. I parametri di Maastricht – i requisiti per accedere all'Unione monetaria – fissano alcuni obiettivi specifici come il rapporto debito/Pil che non deve superare la soglia del 60% e quello deficit/Pil che non deve andare oltre il 3% (l'inflazione, invece, deve attestarsi su valori attorno al 2%). Con il Fiscal compact si è deciso di introdurre norme più rigide: l'inserimento del pareggio di bilancio – il sostanziale equilibrio tra le entrate e le uscite – in Costituzione (inserito in Italia con una modifica all'articolo 81, aprile 2012), l'obbligo di non superare la soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del Pil, l'obbligo di mantenere il rapporto deficit/Pil entro il 3%, la riduzione del rapporto debito/Pil per chi presenta un debito pubblico oltre la soglia stabilita (60%) pari ogni anno a un ventesimo della parte eccedente. Alla luce di tutto ciò i Governi precedenti si sono visti costretti a correggere i conti – alcune delle misure imposte per garantire la tenuta dell'euro in un momento di gravi difficoltà economiche e finanziarie –, promuovendo manovre di tipo ristrettivo che consentissero il rientro nel tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil, tuttavia con ripercussioni negative sulla crescita (l'Italia ha attraversato una lunga fase recessiva).

Legge di Stabilita 2016

Nelle intenzioni del Governo la nuova legge di Stabilità dovrà invertire la rotta, in linea con il processo di attuazione delle riforme strutturali. Per questo la manovra si presenta alquanto ambiziosa: mira, ad esempio, ad una progressiva diminuzione del carico fiscale (abolizione della Tasi, riduzione dell'Ires, nessun aumento dell'Iva) e ad una serie di misure volte a rafforzare la competitività dell'economia, favorendo l'occupazione e alimentando la domanda aggregata. Ma per farlo il Governo ha dovuto alzare l'asticella del deficit, portandolo al 2,2% del Pil contraddicendo l'1,8% inizialmente concordato per rispettare i vincoli di bilancio.

Manovra in deficit

Già la Corte dei Conti aveva espresso più di una perplessità sulla manovra varata dal Governo, soprattutto per la decisione di utilizzare tutti "gli spazi di flessibilità disponibili, riducendo esplicitamente i margini di protezione dei conti pubblici”, lasciando "sullo sfondo nodi irrisolti (clausole, contratti pubblici, pensioni) e questioni importanti quali il definitivo riassetto del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali”. Spieghiamo: la legge di Stabilità 2016 annulla le clausole di salvaguardia previste per il prossimo anno, quindi lo stop all'aumento dell'Iva (la misura più costosa, quasi 17 miliardi di euro). Le clausole di salvaguardia scattano al fine di raggiungere gli obiettivi di pareggio di bilancio con l'inasprimento di un'imposta o il taglio della spesa pubblica. Dunque l'idea è quella di rinviare tali obiettivi a partire dal 2017 per non deprimere subito i consumi, e più in generale la domanda interna, in un momento di graduale risalita economica. In questo senso la Corte dei Conti ha osservato che nel 2017 e nel 2018 "occorrerà individuare consistenti tagli di bilancio o aumenti di entrate sia pur resi meno onerosi dai benefici di una maggiore crescita". Una manovra in deficit può essere, infatti, sostenuta da un contesto economico molto favorevole e una crescita a ritmo elevato. Se ciò non avviene, nel lungo periodo può rendersi necessario un nuovo intervento di aggiustamento dei conti per rientrare del deficit. Anche per questo motivo la Commissione ha preferito rimandare il giudizio definitivo, prevedendo per il 2016 minori entrate a fronte di una marginale riduzione della spesa.