L'Italia esce dalla Via della Seta cinese | Tajani: "Accordo non era vantaggioso per noi"
La Farnesina, in una nota, ha comunicato all'ambasciata di Pechino che non sarà estesa l'intesa oltre il termine previsto del 22 marzo 2024
L'Italia è uscita ufficialmente dalla Via della Seta cinese con una nota consegnata a Pechino nei giorni scorsi.
La mossa è stata preceduta, durante l'estate, da una missione in Cina del segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, e a seguire dalla visita del ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Nei due incontri è stata confermata l'intenzione di coltivare il partenariato strategico tra i due Paesi e sono stati avviati, fra gli altri, i passi preparatori per la visita del capo dello Stato Sergio Mattarella l'anno prossimo in Cina.
Non sarà dunque estesa l'intesa oltre il termine previsto del 22 marzo 2024. Però, si precisa nella comunicazione inviata dalla Farnesina all'ambasciata cinese, viene ribadita la volontà di rafforzare e sviluppare la "collaborazione bilaterale" a mutuo beneficio dei due Paesi.
Cosa prevedeva il memorandum tra Italia e Cina per lo sviluppo di una nuova "Via della seta"
Tajani: "Accordo non era vantaggioso per noi"
Per il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, "l'accordo sulla Via della Seta "non era vantaggioso per noi in prospettiva perché Germania e Francia hanno avuto un fatturato superiore al nostro. Adesso vediamo come rafforzare il rapporto con la Cina ma già stiamo lavorando tanto con loro, c'è un partenariato strategico. Pochi giorni fa è stata in Cina il ministro Bernini, prima c'era stata la mia visita. Non c'è nulla di negativo nei confronti della Cina. Procediamo come abbiamo sempre proceduto, tutto va avanti".
Cos'è la Via della Seta
La cosiddetta "Belt ad Road Initiative", lanciata da Xi Jinping nel 2013, è uno dei cardini del piano della Cina per rafforzare la propria economia attraverso una rete di infrastrutture fra tre continenti che favorisca gli scambi. Il memorandum con l'Italia - unico Paese del G7 ad aderire - era stato firmato dal primo governo Conte nel 2019. L'esecutivo guidato da Giorgia Meloni doveva decidere se rinnovarlo o meno entro la fine del 2023.
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