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Agenti di commercio, mense e artigiani della moda: gli esclusi dal dl Ristori

I decreti approvati per supportare le categorie di lavoratori danneggiate dall'ultimo Dpcm non hanno preso in considerazione alcuni comparti

L’obiettivo del decreto Ristori, approvato lo scorso 27 ottobre, era quello di supportare i settori direttamente danneggiati dall’ultimo Dpcm, a partire da chi ha dovuto abbassare la serranda. Bar, ristoranti, palestre, piscine, cinema e teatri sono quindi i principali beneficiari dei 2,4 miliardi per parziali indennizzi a fondo perduto predisposti dal governo. Le misure anti-covid hanno però delle ricadute negative anche su altri comparti, per questo il successivo decreto Ristori-bis ha ampliato la platea dei beneficiari anche ad altre categorie: ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto, bus turistici, trasporti lagunari, corsi di danza, lavanderie industriali, negozi di bomboniere, fotoreporter, Arci e Acli, traduttori e pirotecnici. Ha sollevato non poche polemiche il fatto che nella lista fossero inclusi anche sexy shop e agenzie matrimoniali, mentre non sono ancora destinati aiuti ad altri settori penalizzati dalla crisi.

Gli agenti di commercio -  Il decreto Ristori dimentica agenti e rappresentanti di commercio della vendita a domicilio, una categoria di lavoratori che è limitata nella propria attività dalle ultime restrizioni anti contagio. Lo annuncia in una nota Univendita, la maggiore associazione di categoria del settore, che sottolinea la disparità di trattamento rispetto ai lavoratori inquadrati come “incaricati alla vendita” che operano nello stesso settore. “I rappresentanti di commercio della vendita a domicilio – spiega il presidente di Univendita Ciro Sinatra – non sono individuabili attraverso uno specifico codice ATECO, essendo chiamati a vendere un’ampia gamma di categorie merceologiche, ma al pari degli incaricati alla vendita diretta a domicilio, che hanno invece diritto al bonus, sono fortemente limitati nella propria attività lavorativa”. 

 

Mense e distribuzione automatica - A causa dello smart working e della didattica a distanza, le mense scolastiche e aziendali, secondo Massimiliano Fabbro (presidente dell’associazione di categoria ANIR-Confindustria), stanno scontando “una flessione fino al 50% dei fatturati che mette a rischio migliaia di lavoratori”. A veder calare gli incassi sono anche le aziende che gestiscono le “macchinette” del caffè e degli snack in scuole e uffici: la perdita di consumazioni stimata da Confida, Associazione Italiana Distribuzione Automatica, è superiore al 50% del fatturato: sono a rischio le 4mila imprese che in Italia danno lavoro a oltre 30mila persone con un indotto di altre 12mila. 

 

Ristoranti e agriturismi, ma anche catering per eventi, mense e alberghi possono al momento ottenere fino a un massimo di 10mila euro (Iva esclusa) per l’acquisto (effettuato dal 14 agosto 2020 e dimostrato attraverso documentazione fiscale) di prodotti, inclusi quelli vitivinicoli, di filiere agricole e alimentari, anche Dop e Igp, valorizzando la materia prima di territorio. Sono disponibili complessivamente 600 milioni di euro. 

 

Atelier da sposa e artigiani della moda - Il 6 novembre, Federmoda CNA Nazionale che aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Economia per lanciare un "allarme rosso" sulla filiera della moda. "La situazione complessiva a livello mondiale ha ridotto mediamente gli acquisti del 50%. - si legge nel comunicato - La seconda ondata determina un ulteriore danno per la stagione invernale 2020/2021 e si ripercuoterà sulla prossima campagna vendita per l’anno 2021/2022: stiamo quindi parlando di quattro stagioni, che significano due anni di investimenti senza ritorno, con un calo di fatturato del 2020 che si stima dal 35% al 60%, un’ulteriore previsione sulla PE 2021 dal 50% al 70%".

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