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Rilanciare il settore food durante i difficili tempi della pandemia attraverso un format innovativo
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La sfida di Giuseppe Scicchitano: 30 anni, terza generazione di ristoratori della famiglia proprietaria del locale, ‘A figlia d’o Marenaro, storico locale nel centro storico di Napoli in via Foria.
“Quando sei figlio d’arte hai vantaggi e svantaggi. Ho voluto non accontentarmi e lanciare un’idea tutta mia, rispettando le tradizioni familiari, ma andando oltre nella voglia di sperimentare nuovi piatti e formule”, - racconta Giuseppe, che aggiunge - “Mi sentivo pronto, maturo, l’ho fatto con i miei risparmi, sentendo la responsabilità di un nome importante alle spalle. A volte partire da zero è più facile, se sbagli puoi ripartire».”
Il suo “Innovative” abbraccia uno spirito evolutivo, dal menù fino al design degli spazi. Cheesecake di mare con fresella sbriciolata, ricotta e tartare di gamberi, il crocchè con alici in pane panko a grana fine e provola di agerola, e lo scarpone di mare, una melanzana ripiena di calamari, gamberi, polpo, datterino e crostino di pane.
Tutte creazioni nate dalla passione di Giuseppe, nella doppia veste di manager e food creator, insieme allo Chef Sergio Scuotto: “Sono intuizioni che nascono di notte, dormo poco e utilizzo il tempo per sfruttare nuove cose, apprendere, leggere, dall’osservazione e dai ricordi. La cheescake è nata, per esempio, guardando la vetrina di una pasticceria e pensando a mia nonna Maria che amava particolarmente il pane con la ricotta», continua Giuseppe, spesso immortalato dai suoi clienti che pubblicano sui social le sue abilità nello sgusciare crostacei o durante la suggestiva fiammata del gambero flambé.
Oltre a un’idea originale di percorso culinario, Innovative può contare oggi su una cantina di oltre 150 etichette italiane ed estere di vini, che ha portato il giovane locale a vincere il Cellar Door 2020, assegnato da Decanto, per essere uno dei 100 ristoranti italiani con la migliore cantina e che ‘riconosce al vino un ruolo centrale nel corso dell’esperienza gastronomica’.
Essenziale nella filosofia di Giuseppe è la cura per il design, arricchito da diversi “percorsi” in ambienti diversi da loro, come la sala blu, o sala Napoli, con una gigantografia della città, la sala rossa, o sala Borbone, una terza sala con un parato floreale e ancora una chef room, privè con otto posti che affaccia sulla cucina con un parato pompeiano.
I 16 collaboratori che lavorano con Giuseppe sono diventati ormai una famiglia, che è riuscita a preservarsi con tenacia malgrado la pandemia, grazie alla forza di volontà nel fare un lavoro che ha imparato dai suoi “Mio padre è il mio mito. Ricordo che ero bambino e volevo imitarlo tagliando frutti di mare. Una volta mi sono pure tagliato e lui dopo avermi soccorso, mi ha detto: “Bravo, ora sì che stai imparando”. Ho vissuto tutta la mia infanzia in cucina, soffrendo molto per la mancanza fisica dei miei genitori che, malgrado tutto, sono riusciti a darmi l’affetto di cui avevo bisogno. Da loro ho imparato una parola chiave: la costanza. È facile aprire un format nuovo, mentre è duro mantenere lo stesso standard di qualità per 30 anni”.
“So che una formula di sperimentazione come la mia ha dei costi più alti rispetto alla media, ma la mia famiglia viene dal popolo e ho voluto creare una formula accessibile anche a un pubblico non altospendente che desidera trascorrere una serata romantica con il proprio compagno o compagna, vivendo un’esperienza ‘innovativa’ ”, conclude Giuseppe, che dall’iconica “zuppa di cozze” di ‘a Figlia d'o Marenaro, storico ristorante partenopeo, diventato un’istituzione a Napoli dal 1943, porta avanti la tradizione con uno sguardo visionario verso il futuro.
Di Indira Fassioni