La scelta, dopo un turbinio di mal di pancia bipartisan, culminati nell'irritazione trapelata da Palazzo Chigi, con la premier che avrebbe ritenuto "inopportuna" la scelta sul ripristino del compenso
La decisione dell'Ufficio di presidenza del Cnel, il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, era arrivata dopo la sentenza di luglio della Consulta: i supremi giudici avevano eliminato il tetto di 240mila euro per i dirigenti pubblici - stabilito nel 2014 - e riportavano l'asticella massima a 311.658 euro. Per allinearsi a quella cifra, il Cnel aveva dunque dato via libera a un aumento per i vertici di circa 60mila euro. Ma la misura è durata lo spazio di un mattino. Con il presidente del Cnel, l'ex ministro ed ex parlamentare Renato Brunetta che comunica il dietrofront: "Non voglio in alcun modo che dall'applicazione legittima della sentenza della Corte Costituzionale derivino strumentalizzazioni in grado di danneggiare la credibilità dell'istituzione che presiedo - scrive Brunetta -. Per questo, provvederò a revocare con effetto immediato la decisione dell'ufficio di presidenza", annuncia.
La scelta, dopo un turbinio di polemiche politiche e mal di pancia bipartisan, culminati nell’irritazione trapelata da Palazzo Chigi, con la premier che avrebbe ritenuto "inopportuna" la scelta sul ripristino del compenso.