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Riforme, Renzi: articolo 2 non si toccaBattaglia sulla non eleggibilità senatori

"Non disciplina ma responsabilità", chiede il premier ai senatori del Pd. Il contestato articolo 2 del ddl Boschi riguarda la non eleggibilità dei futuri senatori. "Non è un prendere o lasciare"

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"Sul profilo tecnico-parlamentare se si mette in discussione l'approvazione in coppia conforme dell'articolo 2 della riforma, si rimette in discussione tutto: rischia di valere anche su altro". Lo ha detto il premier Matteo Renzi all'assemblea dei senatori Pd. "Nessuno di noi invoca disciplina di partito: non c'è sulla Costituzione. Ma c'è una responsabilità davanti agli elettori", ha poi aggiunto replicando a Bersani.

Il premier ha dato "ancora qualche giorno" ai senatori, ma anche ai deputati per trovare un accordo che permetta di accelerare e approvare il ddl al Senato il prima possibile, per consentire anche alla legge sulle unioni civili di essere approvata prima del 15 ottobre, quando sarà presentata la legge di stabilità.

"Nessun dramma" - Renzi ha invitato la minoranza Pd a non drammatizzare o annunciare "barricate", tenendo sempre fermo quel paletto che finora ha impedito di avvicinarsi a un'intesa: cambiare l'articolo 2, come chiede la sinistra Dem, vorrebbe dire rimettere "tutto in discussione".

"No al muro contro muro" - Il premier ha aperto e ha chiuso il suo intervento con un richiamo alla "responsabilità" del Pd, che con le riforme del suo governo ha fatto "ripartire il Paese" e ora deve proseguire, per tenere fede a un impegno di superamento del bicameralismo perfetto che viene ripetuto "da 70 anni". In nome di questa responsabilità, ha dichiarato Renzi, "non vogliamo un muro contro muro e i toni profondamente esasperati di questi giorni. Non diciamo prendere o lasciare ma proprio perché è la Costituzione, non hanno senso barricate". La disponibilità del governo e della segreteria Pd al dialogo c'è ed è dimostrata, ha sottolineato, "dai 134 emendamenti approvati, 62 al Senato e 72 alla Camera" approvati finora: "Si può dire tutto meno che sia un atto di forzatura e in pericolo la democrazia".

"Non abbiamo invocato la disciplina sulla scuola e il Jobs act figuriamoci se lo facciamo sulla Costituzione", ha replicato Renzi a Pier Luigi Bersani, che aveva lamentato l'assenza di un confronto.

"Non si cambia l'art. 2" - Ma Anna Finocchiaro e Luciano Pizzetti prima, Boschi e Renzi poi, pur ribadendo l'apertura ad allargare le competenze del Senato e modificare il meccanismo di scelta dei senatori ("Concordate le modifiche anche con i deputati", ha proposto il premier), tengono fermo il no a cambiare l'articolo 2 perchè, non si stancano di ripetere, è già stato approvato in lettura conforme dalla Camera e cambiarlo vorrebbe dire ripartire d'accapo.

Tutti tirano in ballo Grasso - Anche il presidente del Senato Pietro Grasso, chiamato in causa dall'una e dall'altra parte come l'arbitro che può decidere la partita ammettendo o meno emendamenti al 'conteso' articolo, si tira fuori dalla mischia e chiama i partiti alle loro responsabilità. Sottolineano gli stessi renziani, di fronte alla scelta di Grasso di aprire a modifiche che farebbero "ripartire il percorso", il governo potrebbe decidere di mettere sul piatto la vita stessa del governo, ponendo la questione di fiducia su quel singolo articolo. I senatori di Forza Italia, riuniti quasi in contemporanea, hanno confermato il loro no alla riforma notando che Renzi non ha i numeri per farla passare (avrebbe 183 senatori, da cui sottrarre i 28 della minoranza), anche perché starebbero aumentando i mal di pancia dentro Ncd.

"Verso manovra da 25 miliardi" - Renzi ha poi annunciato anche una manovra da "circa 25 miliardi" con un imperativo: crescere. L'orientamento è "di utilizzare al meglio gli spazi che derivano sia dalla revisione della spesa che dalla maggiore crescita e dalla flessibilità". Nei piani attuali del governo, da rivedere con la nota di aggiornamento del Def che potrebbe portare il Pil di quest'anno a un prudente +0,8%, dalla spending si prevedono risparmi per 10 miliardi nel 2016, mentre circa 6 arrivano dalla flessibilità già concessa dalla Ue grazie alla clausola per le riforme. Il mix di più crescita e di un rapporto deficit-Pil lasciato salire oltre l'1,8% programmato finora (si parla di un range che va dal 2,2 al 2,6%) faràil resto.