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Turchia, nuove maxi-purghe di Erdogan: rimossi 7.669 poliziotti

Continuano le maxi-purghe di Ankara per sospetti legami con Gulen. E dalle carceri escono 34mila detenuti per far posto ai sospetti di legami con il tentato golpe

Con un nuovo decreto Ankara ha rimosso 7.669 agenti dalle forze di polizia per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen.

Nella lista dei nuovi epurati figurano anche 24 governatori centrali, 323 gendarmi e 2 ufficiali della guardia costiera. Dal 15 luglio, il governo ha rimosso 80mila persone dagli incarichi pubblici, accusandole di legami con chi ha progettato il fallito colpo di Stato.

Le autorità di Ankara hanno nel frattempo rilasciato 33.838 detenuti nelle carceri del Paese per far posto alle migliaia di persone arrestate con l'accusa di avere legami con il fallito golpe, secondo quanto ha fatto sapere il ministro della Giustizia Bekir Bodzag.

Oltre ai quasi 8mila uomini rimossi dalle forze di sicurezza, il governo ha sospeso dai loro incarichi nel complesso 2.345 accademici, sempre nell'ambito delle purghe seguite al tentato golpe, ha scritto la Gazzetta ufficiale. Tra gli 80mila rimossi, molti sono stati arrestati. Dell'ultimo blocco, 323 facevano parte della gendarmeria e gli altri della polizia.

Cacciati altri 6mila statali - Un decreto ha allontanato poi quasi 6mila dipendenti statali: 1.519 imam, lavoratori della Presidenza per gli affari religiosi (Diyanet), massima autorità islamica nel Paese, 2.018 dipendenti del ministero della Salute e 2.346 accademici del Consiglio per l'educazione superiore (Yok), che supervisiona le università.

Via oltre 28mila insegnanti - E ancora, 28.163 dipendenti del ministero dell'Educazione, per lo più insegnanti di scuole elementari e medie, sono tra i lavoratori statali licenziati nell'ultima ondata di purghe. Gli ultimi tre decreti dello stato d'emergenza prevedono la cacciata di oltre 40mila dipendenti pubblici.

Infine, coinvolti 3.300 membri degli organi giudiziari. E riguardo a loro, sempre la Gazzetta ufficiale ha detto che i giudici e i procuratori in pensione potranno tornare ai loro incarichi se presenteranno richiesta nei prossimi due mesi.

Appello dei ministri degli Esteri Ue: tenere aperti i canali di comunicazione con Ankara - Mentre arrivano le nuove notizie delle ultime maxi-purghe, i ministri degli Esteri dell'Unione auspicano che l'Europa mantenga aperti i canali di comunicazione con la Turchia, esprimendo sostegno dopo il fallito colpo di stato di luglio ma insistendo sul rispetto dei diritti umani. La Turchia è uno dei principali alleati dell'Ue e a marzo ha firmato un accordo cruciale con Bruxelles per arginare il flusso di migranti nel Vecchio Continente. Dopo il 15 luglio, giorno del fallito golpe, i rapporti si sono però compilcati con Ankara decisamente indispettita per quella che considera una mancanza di sostegno da Bruxelles, oltre che dalle critiche europee per la repressione post-golpe.

Miroslav Lajcak, ministro degli Esteri della Slovacchia (Paese che detiene la presidenza di turno semestrale dell'Ue), ha dichiarato che quando la scorsa settimana ha visitato Ankara ha provato una sensazione di "emozione molto forte" per il fatto "che l'Ue ha reagito in ritardo". "Non è normale che dopo un fallito colpo di stato, invece che avvicinarsi... ci sia frustrazione reciproca", ha affermato Lajcak a un vertice informale a Bratislava dei ministri degli Esteri dei Ventotto. Quando gli è stato chiesto se i timori sui diritti umani possono comportare da parte di Bruxelles una sospensione dei negoziati di accesso all'Ue della Turchia, che invece in base all'accordo di marzo dovrebbero essere accelerati, Lajcak ha risposto: "Personalmente non sono favorevole all'interruzione dei negoziati di accesso".

Il Commissario Ue all'Allargamento, Johannes Hahn, anche lui presente al vertice, ha definito la Turchia un "vicino essenziale". E ha precisato: "Dal momento che la Turchia è in una situazione politica difficile a livello interno... è importante mantenere i colloqui e restare in contatto".