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Quote latte, sentenza Corte Ue: l'Italia è inadempiente per gli anni 1995-2009

Se un Paese sfora, il prelievo deve arrivare dai produttori e non dallo Stato

Quote latte, sentenza Corte Ue: l'Italia è inadempiente per gli anni 1995-2009 - foto 1
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"L'Italia è inadempiente sulle quote latte, in quanto non ha fatto in modo che il prelievo supplementare fosse a carico degli effettivi responsabili della sovrapproduzione tra il 1995 e il 2009".

E' quanto ha sentenziato la Corte di giustizia europea.

A seguito dei problemi di sovrapproduzione nel mercato lattiero-caseario dell'Ue negli anni 70 e all'inizio degli anni 80 e del conseguente aumento dei costi dell'intervento pubblico, nel 1984 l'Ue ha introdotto il regime delle quote latte per limitare la produzione e trasferire la responsabilità della sovrapproduzione ai singoli produttori e ai caseifici nazionali. Nell'ambito delle regole sulle quote latte, ricorda la Corte Ue, se un Paese supera la propria quota annuale, un prelievo monetario sulle eccedenze "prelievo supplementare" deve essere versato da tutti i singoli produttori che superano la quota individuale in funzione del proprio volume di sovrapproduzione.

La Commissione ha proposto alla Corte dell'Unione un ricorso per inadempimento (o infrazione) contro l'Italia, per non aver essa assolto adeguatamente al proprio compito di gestione del recupero dei prelievi per la sovrapproduzione di latte. I prelievi devono essere versati dai singoli produttori che hanno superato le quote latte individuali. Ogni anno, dal 1995 al 2009, l'Italia ha superato la quota nazionale e lo Stato italiano ha versato alla Commissione gli importi del prelievo supplementare dovuti per il periodo in questione (2 miliardi e 305 milioni di euro).

Per la Corte Ue è stata compromessa la libera concorrenza - Tuttavia, nonostante le ripetute richieste della Commissione, risulta per la Commissione evidente che le autorità italiane non hanno preso le misure opportune per recuperare il prelievo dovuto dai singoli produttori e caseifici. Ciò compromette il regime delle quote, prosegue il comunicato, e crea distorsioni della concorrenza nei confronti dei produttori che hanno rispettato le quote e di quelli che hanno preso provvedimenti per pagare gli importi individuali del prelievo supplementare. Come sottolineato dalla Corte dei conti italiana, questa situazione è iniqua anche nei confronti dei contribuenti italiani.

Una parte delle quote da rimborsare sono perse - La Commissione stima che, dell'importo complessivo di 2,305 miliardi di euro, circa 1,752 miliardi di euro non siano ancora stati rimborsati dai singoli produttori che hanno materialmente commesso le violazioni. Parte di questo importo sembra considerato perso o rientra in un piano a tappe di 14 anni, ma la Commissione stima che restino ancora da recuperare dai produttori ben 1,343 miliardi di euro (fonte: Comunicato stampa della Commissione europea del 26 febbraio 2015).

Ora l'Italia rischia di pagare una sanzione - La Commissione ha inviato all'Italia una lettera di costituzione in mora su questo caso nel giugno 2013 e un parere motivato nel luglio 2014. Dato che l'Italia non ha mostrato alcun significativo progresso nel recupero, il caso è ora deferito alla Corte di giustizia. La Corte puntualizza che il diritto dell'Unione imponeva all'Italia, da un lato, di versare il prelievo sulla sovrapproduzione a livello nazionale al Feoga e, dall'altro, di recuperare le somme corrispondenti presso i produttori in concreto responsabili della sovrapproduzione. In questa sede, viene rimproverato soltanto l`inadempimento di questo secondo obbligo. A seguito di tale sentenza, l'Italia si dovrà uniformare alle indicazioni della Corte, esponendosi, in caso di inottemperanza, ad una nuova causa da parte della Commissione. Tale eventuale seconda causa di inadempimento potrebbe comportare una condanna del nostro Paese al pagamento di penali.