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Confesercenti: rallenta l' "emorragia" di negozi

Tra maggio e giugno oltre 7mila nuove aperture. Per lʼassociazione dei commercianti si tratta di un "tesoretto" di nuove imprese da non affossare con troppe "tasse e burocrazia"

LaPresse

Tra maggio e giugno, negozi e piccole botteghe sono tornati a crescere con un saldo positivo tra chiusure e aperture (+1.422), grazie soprattutto alla vitalità del Nord Italia. Lo attestano i dati dell'Osservatorio Confesercenti che nel terzo bimestre 2013 rileva un "piccolo boom" di aperture: 7.546 nuove imprese, +88% rispetto a marzo-aprile (4.014). Da inizio 2013 hanno però chiuso i battenti senza essere sostituite 11.328 imprese.

Non infierire con le tasse - Si tratta, secondo Confesercenti, di un "esile" segnale di ripresa, un "tesoretto" di nuove imprese da non affossare con un eccesso di "tasse e burocrazia". All'incremento di aperture non corrisponde, infatti, un'inversione di tendenza delle chiusure della stessa intensità. Le cessazioni del commercio al dettaglio nel terzo trimestre sono state infatti 6.124, solo il 12% in meno rispetto a marzo-aprile. Ma comunque rappresenta un notevole miglioramento rispetto a gennaio-febbraio, quando a chiudere i battenti erano stati più del doppio degli esercizi, 13.775, compensati da appena 3.992 nuove aperture.

Bene alimentare e non food, male la moda - Il saldo è positivo sia per il commercio al dettaglio alimentare (1.191 iscrizioni e 924 cessazioni) sia per la distribuzione no-food (6.355 aperture contro 5.200 chiusure). Mentre il settore moda, uno dei più colpiti dalla crisi dei consumi, resta più in difficoltà, con un saldo a maggio-giugno ancora negativo, seppur minimo, di 132 unità.

Il Nord traina il Paese - Anche se la piccola ripresa sfiora tutte le aree del Paese, il saldo positivo si deve soprattutto al Nord Italia, con +1.044 aziende, il 73% del saldo complessivo. Ancora al palo, invece Centro e Sud, con una variazione ancora molto esigua: +218 per il Centro, appena 160 aziende in più per le regioni del Mezzogiorno. A determinare il ritardo di queste due aree dell'Italia è il persistere dell'emorragia delle imprese: le cessazioni del Centro Sud sono state 4.908 (1.991 al centro, 2.997 nel sud Italia), circa l'80% delle cancellazioni totali registrate in Italia nei due mesi di maggio e giugno.