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Paolo Di Canio: "Non sono antisemita, le leggi razziali sono state un'infamia per il nostro Paese"

Lʼex calciatore ha scritto una lettera al presidente dellʼUnione delle Comunità Ebraiche per chiarire la sua posizione

Paolo Di Canio:
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"Non ho e non voglio avere niente a che spartire con idee antisemite, razziste, discriminatorie, violente.

È con queste queste parole che l'ex calciatore Paolo Di Canio si è rivolto a Noemi De Segni, presidente dell'Ucei, l'Unione delle Comunità Ebraiche, in una lettera pubblicata sul portale dell'ebraismo italiano.

"Ritengo, senza se e senza ma, che le leggi razziali volute da Mussolini siano state una terribile infamia per la storia del nostro Paese. Un'infamia che causò un'immane tragedia per migliaia di ebrei in Italia. Questa è la mia posizione convinta e determinata", ha continuato Di Canio nella lettera pubblicata dal sito www.moked.it. L'ex attaccante della Lazio, oggi opinionista televisivo, è stato sospeso qualche mese fa da Sky per essere andato in onda con un tatuaggio con la scritta "Dux" in mostra.

"Dopo quello che, mio malgrado e contrariamente alla mia volontà, è recentemente accaduto - ha spiegato Di Canio - voglio dunque ribadire questi miei convincimenti, scrivendo alla Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane perché ne sia portavoce verso tutte le Comunità così da chiudere una pagina recente di dolore e di amarezza, anche per me".

Nella lettera inviata al presidente dell'Ucei, Noemi De Segni, si legge: "Le scrivo perché vorrei, attraverso di Lei, rivolgere un messaggio alle Comunità ebraiche che rappresenta. So che è a conoscenza della mia vicenda personale, non ho bisogno di riassumerla in questa circostanza; certamente, in questo periodo di tempo lontano dalla mia dimensione pubblica, ho avvertito profonda l'amarezza per essere ancora considerato negativamente per le espressioni e i miei gesti passati, sino ad essere rappresentato come non sono".

"Vorrei trovare un modo per definire una volta per tutte questa situazione", ha proseguito Di Canio. "Lo devo prima di tutto alla mia famiglia, in particolare alle mie figlie che non possono ritrovare il padre e tutto quello che ho loro insegnato, nella figura di chi viene ancora dipinto come violento, razzista e antisemita. Non lo sono mai stato e non lo sono affatto".

Puntuale la risposta della De Segni, che ha dichiarato: "I tempi che viviamo impongono grande attenzione alle parole che usiamo, ai gesti che compiamo e ai simboli che accompagnano la nostra vista privata ed in pubblico", ha replicato il presidente dell'Ucei. "Un senso di responsabilità, nell'arginare ogni forma di odio, che grava ancor più a chi si rivolge al grande pubblico e che ricoprendo un preciso ruolo ha una chiara riconoscibilità mediatica, e inevitabilmente concorre a formare le coscienze e le opinioni soprattutto dei giovani".