Dopo la Bulgaria potrebbe lasciare
Martedì sera potrebbe andare in onda lultima replica di uno show andato in scena oltre 1.000 volte in 30 anni, 2 mesi e spiccioli di repliche, un record degno dei grandi musical di Broadway. Lo spettacolo si intitola Giovanni Trapattoni, è iniziato in una lontana semifinale della defunta Coppa delle Coppe (Milan-Borussia Moenchengladbach, il teatro era già il più grande, San Siro) dellaprile 1974 e ha avuto un successo senza precedenti in Italia e allestero, specialmente in Germania. Ora, come è nella logica di tutte le cose della vita, sembra arrivato il momento di calare il sipario su una scena apparentemente immutabile nellimmaginario del tifoso, vale a dire quella del Trap allenatore, del Trap ai bordi del campo urlante, gesticolante, fischiante, incessante nel commentare col primo che gli capita a tiro tutto ciò che capita dentro il rettangolo verde.
Lo spettacolo, fino a qualche tempo fa, aveva sempre un lieto fine: la vittoria o, comunque, il grande risultato. Quando il mister di Cusano Milanino, invece, ha deciso di portare lo show sul palcoscenico più ambito e amato, quello della Nazionale, è arrivato linsuccesso, assolutamente sconosciuto o quasi (si ricordi lamara tappa di Cagliari) in tanti anni di gloria. Aveva sognato la chiusura in bellezza, Trapattoni. Un ultimo ciclo felice che gli avrebbe permesso di passare alla storia del pallone come lunico ad avere vinto tutto con le quattro squadre più amate dello Stivale: il Milan (da giocatore, ovviamente), la Juventus, lInter e, infine, lItalia. Invece, dopo il flop nippocoreano e i ripetuti inciampi della eurospedizione, la gara con la Bulgaria può segnare lamaro capolinea da cittì e, in ogni caso, avrà seguito solo in territorio portoghese. Nemmeno una clamorosa, improbabile resurrezione concretizzata dalla conquista del titolo continentale, infatti, procrastinerà la nazionalizzazione di Marcello Lippi, già da tempo daccordo con Carraro e i suoi grandi elettori per prendere il timone di Azzurra subito dopo gli Europei. Trapattoni si ritroverà per la prima volta in 11.032 giorni (tanti sono passati da quel Milan-Borussia) senza un ingaggio e senza una panca. Una prospettiva, la seconda, che aveva paventato lui stesso nel giorno del suo 65° compleanno, momento in cui, per le norme federali, si diventa formalmente vecchi: non si può più fare lallenatore e si diventa direttori tecnici: sotto sotto, però, il grande attore sperava ancora di continuare la sua fantastica carriera in un ruolo da protagonista. Si era fatto avanti il Tottenham, lo avevano chiamato i vecchi amici del Bayern Monaco, qualche squadra spagnola aveva sondato il terreno.
Poi, una ad una, le pretendenti si sono ritirate tutte, attirate da colleghi più giovani e meno rischiosi del Trap, a cui proprio lultima di tante battaglie ha regalato letichetta di debolezza, di eccessivo paternalismo, di sopraggiunta inaffidabilità nella gestione del gruppo. Qualche giornale di Lisbona parla ancora di Benfica, ma non è proprio per guidare il blasonato club della capitale che il tecnico aveva portato con sé valige capaci e riempite fino allorlo. Il futuro, quasi certamente, sarà un piedistallo dove verrà issato il monumento Trap. Lucido, bello, da mostrare con orgoglio alle generazioni future, ma inesorabilmente lontano dal campo. La federazione, riconoscente per la dedizione alla causa, pensa di tenerlo a libro paga e offrirgli una carica inedita, quella di supervisore delle nazionali giovanili: ma Gentile e Berrettini, rispettivamente alla guida di Under 21 e Under 19, hanno dimostrato di portare a casa il titolo europeo anche senza tutor di ingombrante prestigio. Lo stesso ruolo, però, potrebbe venirgli offerto dal Milan e il Trap con letà è diventato sentimentale: lui stesso ha più volte lanciato segnali alla casa madre e un ritorno alle origini, anche con un semplice compito di rappresentanza, potrebbe essere la medicina giusta per dimenticare gli spogliatoi, la panchina, le conferenze stampa trasformate in irresistibili show dialettici: tutto quanto, insomma, era nel copione dello spettacolo che dopo tre decenni sembra giunto al capolinea. Non resta che sperare, almeno, in unuscita tra gli applausi e non con la Bulgaria, paese triste che sembra adattarsi perfettamente agli addii.