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Covid, vaccini e chiusure: la situazione nei Paesi Ue | Guarda l'undicesima puntata di "Fatti e Misfatti d'Europa"

L'approfondimento settimanale, realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, è andato in onda martedì 30 marzo. Ospiti dell'undicesimo Sabrina Pignedoli, Walter Rahue e Juan Fernando López Aguilar

L’Europa tra la campagna vaccinale che tarda a ingranare e le restrizioni anti Covid. E’ questo l’argomento della nuova puntata di "Fatti e Misfatti d’Europa", il programma di Tgcom24 realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo. Nell’undicesimo appuntamento, abbiamo approfondito la situazione nei principali Paesi europei - Italia, Germania, Francia e Spagna - con l’aiuto degli ospiti: Sabrina Pignedoli, europarlamentare M5S, Walter Rahue, corrispondente della Stampa da Berlino, e Juan Fernando López Aguilar, europarlamentare spagnolo S&D, in collegamento da Madrid.

Com’è la situazione nei principali Paesi europei a livello di misure di contenimento? - Di fronte all’insufficienza della campagna vaccinale, l’unica arma che abbiamo per difenderci dal Covid e dalle sue numerose varianti sono i lockdown. Alcuni Paesi, come la Spagna, li stanno gradualmente allentando. Altri ,come Germania e Francia, sono in zona rossa ormai da mesi. Vediamo la situazione nel dettaglio.

 

La situazione in Germania - In Germania, bar e ristoranti consentono solo l’asporto e il delivery, sono aperti solo i negozi essenziali, il coprifuoco è a discrezioni dei Länder, vanno a scuola in presenza solo asili ed elementari e, infine, i musei e luoghi della cultura sono chiusi. 

 

La Germania ha dato molta libertà ai singoli Länder. "Una volta al mese la cancelliera e i governatori dei 16 Länder tedeschi si incontrano per stabilire le misure di contenimento - spiega Rahue -. Puntualmente, però, il giorno dopo i Länder fanno a modo loro, contraddicendo spesso anche quanto deciso il giorno prima. Per questo si parla di crisi del federalismo. C’è molto malcontento, le cose non stanno funzionando come dovrebbero, e non siamo abituati da un Paese efficiente e ben organizzato come la Germania e la colpa - dicono molti - è proprio del federalismo". 

 

"Nel giro di un anno è cambiato molto - aggiunge il corrispondente -. I contraccolpi per l’economia sono pesanti, la crescita è ben inferiore alle aspettative, sta crescendo per la prima volta direi quasi da oltre 20 anni anche il numero delle persone senza un posto di lavoro. Quindi i segnali d’allarme ci sono, anche se uffici e stabilimenti restano aperti. Ricordo che siamo in lockdown da ormai 5 mesi ed è stato prolungato ancora fino al 18 aprile. Gli effetti sono catastrofici e drammatici soprattutto per alcuni settori (terziario, gastronomia, alberghiero-turistico)". 

 

La situazione in Francia - Anche in Francia bar e ristoranti consentono solo l’asporto e il delivery, sono aperti solo i negozi, le scuole invece sono aperte, il coprifuoco è nazionale (dalle 19 alle 6), i musei e i luoghi della cultura sono aperti. 

 

La situazione in Spagna - La Spagna sta invece affrontando una serie di graduali riaperture, sia di bar e ristoranti che dei negozi (stanno riaprendo quelli non essenziali), il coprifuoco è nazionale (dalle 23 alle 6), le scuole in presenza fino alla seconda Eso (scuola secondaria), i musei e i luoghi della cultura aperti con limitazioni.


"Inizialmente in Spagna, c’è stato uno dei lockdown più duri dell’Europa - dichiara López Aguilar -. Gradualmente, si è passato a una fase di cosiddetta ‘co-governanza’ con le comunità autonome. Abbiamo superato il momento peggiore, ma resta ancora la preoccupazione e il cosiddetto confinamento perimetrale delle regioni. Misure senza precedenti nella storia recente della Spagna. Per esempio, non è possibile passare da una regione all’altra, ci sono dei controlli di polizia. Quindi continua comunque il rigore, anche se ci sono delle aperture rispetto ad altri Paesi".


"La Spagna, come l’Italia, è uno dei Paesi più colpiti dal Covid perché dipende tantissimo dal turismo, che è crollato. E allora c’è una grande speranza nella strategia unitaria vaccinale dell’Ue. Ma chiaramente anche rabbia nei confronti del comportamento di AstraZeneca. Se n’è discusso anche in Parlamento. Il Pe ha chiesto alla Commissione una reazione energica. Non una minaccia di reazione, ma azione per assicurare l’adempimento dei contratti e l’accelerazione della campagna vaccinale", conclude l’europarlamentare.

 

La situazione in Italia - In Italia la campagna vaccinale ha seri problemi. Nel nostro Paese si è verificata una sostanziale differenza del numero di somministrazioni tra le regioni. Probabilmente, non si stanno rispettando i target (anziani e categorie fragili) nel modo corretto. Inoltre, il problema rimane sempre quello della carenza di dosi. "Fatti e Misfatti d'Europa" si è recato nel Lazio, una delle regioni più viruose nell’ambito della campagna vaccinale. "Noi ci aspettiamo di avere tre volte le quantità che stiamo avendo in questi giorni se vogliamo veramente arrivare all’estate ad aver coperto 4 milioni di cittadini", spiega l’assessore alla Sanità della Regione, Alessio D’Amato

 

Regno Unito e AstraZeneca - La strategia vaccinale del Regno Unito sta dando i suoi ottimi risultati. Il viaggio dell’undicesima puntata di "Fatti e Misfatti d'Europa" continua proprio a Londra, fuori dall’Ue, dove a raccontarci la situazione è Federico Gatti, corrispondente di NewsMediaset. In particolare, si è affrontata la questione AstraZeneca. Tra Ue e Gran Bretagna è infatti in corso un dibattito molto serrato in merito alle esportazioni delle dosi di vaccino e ai contratti che sono stati stilati. Il ministro della Salute britannico ha detto: “Il nostro contratto ha un rapporto di esclusiva con AstraZeneca, mentre quello europeo si basa sugli sforzi migliori”. 

 

"In realtà entrambi i contratti hanno una clausola di ‘best reasonable efforts’ - sottolinea Gatti -. Però, c’è un dettaglio. Oltre al fatto che - come hanno confermato diversi studi legali inglesi ed europei - quello britannico è un contratto scritto meglio su base legale di quello europeo, il Regno Unito, nel suo contratto ha preso in considerazione anche la filiera produttiva, ovvero quel diritto di prelazione che non arriva tanto da AstraZeneca ma dallo Jenner Insitute dell’Università di Oxford, che quel vaccino ha studiato e inventato. Ed è stato questo il grande vantaggio del Regno Unito".


Le difficoltà dell’Europa - Insomma, la pandemia è stata un durissimo colpo per l’economia degli Stati. Proprio per questo si chiede di avere campagne vaccinali il più veloci possibili. Eppure, guardando lo scacchiere internazionale delle vaccinazioni, l’Europa appare schiacciata. Nessuno dei vaccini ora in circolazione riesce a tenere il passo con il fabbisogno dettato dal calendario. L’obiettivo di immunizzare il 70% degli europei entro l’estate sembra un miraggio. Lo sanno bene Ursula von der Leyen e Charles Michel che dall’alto di una Commissione più volte al centro della bufera, hanno scelto di invitare un ospite d’eccezione al Consiglio europeo del 25 e 26 marzo: Joe Biden.


Ue e Stati Uniti - Scettica sul rispetto degli eventuali contratti da parte del russo Sputnik, Bruxelles guarda infatti a Ovest e spera nell’aiuto di player farmaceutici come Pfizer. Finiti di immunizzare gli americani, gli Usa potranno iniziare a esportare le dosi autoctone e pensare agli alleati, non solo all’Europa ma anche ai vicini Canada e Messico. Lasciare che il vaccino cinese arrivi prima in quei territori sarebbe per Biden un errore di geopolitica.

 

Ecco che, per consolidare ancora di più il legame con l’Ue, Biden ha preso parte al Consiglio. Quanto sono importanti gli Stati Uniti per l’Ue nella conduzione della campagna vaccinale e quanto noi lo è l’Ue per gli Stati Uniti per bloccare l’estensione del soft power di Cina e Russia nel resto del mondo? A rispondere è Pignedoli, che premette: "Sicuramente c’è stato un problema di consegne. L’Europa è partita molto bene all’inizio, facendo dei contratti a livello collettivo per evitare che ci fossero delle lotte interne tra gli Stati membri. Però, purtroppo, non sono arrivati i flaconi che erano stati destinati e quindi non sono arrivate le dosi sufficienti". "Per cui - aggiunge - è importante ricevere le dosi dagli Stati Uniti, ma per gli Usa è altrettanto importante perché arrivare primi in Europa, aiutare l’Europa vuol dire avere un rapporto privilegiato con l’Europa e quindi non lasciare spazio per esempio alla Russia con Sputnik oppure ad altre potenze come la Cina".


Un vaccino europeo - Alla luce delle difficoltà illustrate, un vaccino di stampo europeo potrebbe essere la soluzione? "Questa è una sfida che bisogna assolutamente cogliere - conclude Pignedoli -. Un’autosufficienza potrebbe essere utile anche per il futuro. E’ necessario che l’Ue possa essere indipendente e possa produrre i propri vaccini. Non possiamo più farci trovare impreparati".

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