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Porta Nuova, il simbolo di una nuova Milano

Il progetto che collega tre quartieri storici della città (Garibaldi, Varesine e Isola) rappresenta per soluzioni urbanistiche, tecnologiche e architettoniche, il futuro di Milano come città internazionale

Ridisegnare alcuni quartieri urbani guardando al futuro ma mantenendo una solida relazione con il passato di quei luoghi e di chi vi abita.

E' questa la sfida, tra sostenibilità e innovazioni, che designer e architetti hanno affrontato in una delle maggiori opere europee di riqualificazione urbana e architettonica in Europa, ovvero quella di Porta Nuova, diventata simbolo della nuova Milano.

Nella cornice dell'Innovation Design Discrict, nuovo polo che si propone di divenire protagonista dell'offerta culturale e d'intrattenimento della città, all'interno della Microsoft House, che ospita gli incontri di Icon Design Talks, si sono confrontati, tra gli altri, due degli attori che hanno preso parte al rinnovamento di questa parte della città di Milano: Alida Catella, Ceo di COIMA Image, e Gregg Jones, dello studio PCPA.

Creare, connettere e rinnovare - Oggi si parla del progetto di Porta Nuova come un'unica zona, ma in realtà questo è un progetto che include aree diverse della città: "Il progetto nasce dal lavoro su tre quartieri: Garibaldi, Varesine e Isola, aree che sono state riconsegnate alla città dopo oltre 50 anni di abbandono - spiega Alida Catella -. Solo un unico interlocutore, come è stato per questa riqualificazione, poteva immaginare e realizzare un progetto che tenesse conto di tutte le aree limitrofe e quindi si annettesse all'esistente, non creando un qualcosa cosa che rimanesse avulso dalla città".

Un luogo aperto alla città - "Rigenerare un territorio - prosegue Catella - non vuol dire soltanto costruire e creare immobili ma vuol dire anche fare in modo che la gente che ci vive si senta partecipe  e lo senta come qualcosa che, in qualche modo, c'è sempre stato. Nel progettare Porta Nuova si è avuta infatti una regia che non ha guardato solo agli edifici ma anche a come interpretare la vita esistente e connetterla alla nuova".

L'equilibrio tra tecnologia e "vita" - Una sfida non solo urbanistica, ma anche tecnica, secondo Gregg Jones: "Quello che ha reso questo progetto davvero entusiasmante è il contesto nel quale è stato inserito - spiega ingatti l'architetto -. Milano è una città per esempio con un problema di parcheggi. Quindi la sfida era: come riuscire a far passare e a far parcheggiare migliaia di macchine in questa zona, considerando anche le linee della metropolitana presenti nel sottosuolo e in più dovento preservare zone in cui fosse possibile muoversi, anche a piedi. Quindi era necessario creare un equilibrio tra la tecnologia e la complessità del quartiere".