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Berlino, Welt am Somtang: "Roma voleva usare Amri come infiltrato"

Lʼedizione domenicale del giornale tedesco Die Welt accusa lʼItalia di non aver espulso il tunisino già nel 2011 per "trasformarlo" in una spia

Anis Amri, l'autore della strage al mercatino di Natale di Berlino, poteva essere rimandato in Tunisia nel 2011 ma sarebbe invece stato scarcerato prima del previsto perché scelto dai servizi segreti italiani come potenziale spia da infiltrare nelle cellule jihadiste del nostro Paese.

E' l'accusa mossa dal giornale tedesco Die Welt, Welt am Somtang, che cita fonti dell'intelligence. Il capo della polizia, Franco Gabrielli: "Notizie false".

L'Italia, secondo il settimanale tedesco, avrebbe commesso due gravi errori nella gestione del caso Amri da quando arrivò come richiedente asilo nel 2011 in Sicilia. Innanzitutto la Tunisia, smentendo quanto detto finora da Roma, avrebbe riconosciuto Amri come loro cittadino già nel 2011. E poi avrebbe cercato di assoldarlo come infiltrato in ambienti islamisti. Il giornale tedesco sostiene di non aver avuto alcuna risposta dal governo italiano.

Gabrielli: notizie false e inventate su giornale tedesco - "Ricostruzione falsa e totalmente inventata": così il capo della polizia Franco Gabrielli su quanto scritto dal domenicale tedesco.

"Dalla propria ricostruzione - dice Gabrielli - "l'organo di stampa fa derivare, in spregio alla piùelementare deontologia professionale, accuse infamanti per le quali gli autori dell'articolo saranno chiamati a rendere conto innanzi alle corti di giustizia competenti, nonché, moralmente, alle stesse vittime dell'attentato". "Non di meno - conclude Gabrielli - non si può non stigmatizzare l'acritico rilancio della notizia effettuato da parte di un autorevole quotidiano nazionale che, in presenza di una gravissima accusa agli apparati di sicurezza nazionale, ha preferito non effettuare una puntuale verifica al fine di conseguire l'effimero risultato di uno scoop che, seppur falso, ha arrecato un gratuito discredito all'intero Paese".

La ricostruzione della polizia - L'intera vicenda - aggiunge il Dipartimento della Pubblica Sicurezza - "ritenuta priva di ogni fondamento dalla stessa Agenzia di Sicurezza richiamata dall'articolo, necessità invece di una puntuale e precisa ricostruzione temporale. La richiesta di riconoscimento ed identificazione del cittadino tunisino Anis Amri, prevista affinché sia possibile portare a termine il procedimento di espulsione, era stata inoltrata alle autorità tunisine dalla Questura di Agrigento ad ottobre del 2014 nel corso della sua detenzione, ma le stesse non evasero la richiesta. Ultimata la detenzione, Anis Amri fu immediatamente associato al Cie di Caltanissetta che tempestivamente rinnovò la richiesta allo Stato Tunisino ma, in questa occasione, la risposta arrivò tardivamente dato che erano stati superati i 30 giorni previsti dalla legge come tempo limite massimo per il trattenimento presso il Cie di un soggetto che aveva appena ultimato di scontare un periodo di detenzione in carcere. Dunque, all'arrivo della risposta, il cittadino tunisino era stato necessariamente rilasciato".