Usa, giudice boccia Trump: può essere interrogato dal procuratore di New York
L'inchiesta riguarda le pratiche commerciali dell'ex presidente americano
Donald Trump deve rispondere, sotto giuramento, alle domande dell'interrogatorio nell'indagine civile dello Stato di New York sulle sue pratiche commerciali.
Lo ha stabilito il giudice Arthur Engoron, che ha ordinato all'ex presidente ai suoi due figli maggiori, Ivanka e Donald Trump Jr., di conformarsi alle citazioni emesse a dicembre dal procuratore generale di New York, Letitia James.
La sentenza sarà quasi certamente impugnata, ma se confermata potrebbe costringere Trump a prendere una decisione difficile: se rispondere alle domande o rimanere in silenzio, appellandosi al quinto emendamento.
La decisione della giustizia americana è arrivata al termine di un'udienza virtuale infuocata, durante le quale i legali delle due parti si sono battuti senza risparmiarsi colpi. Alina Habba e Alan Futerfas, i legali di Trump, hanno attaccato duramente James, accusandola di voler ottenere informazioni per aiutare l'inchiesta penale del procuratore del Southern District of Manhattan, Alvin Bragg.
James è stata inoltre accusata di essere faziosa e di essere spinta da motivazioni politiche nella sua indagine civile sulle pratiche delle Trump Organization, fra le quali l'aver gonfiato il valore degli asset della società per spuntare prestiti e finanziamenti a prezzi migliori. L'udienza è stata talmente violenta, con i legali di Trump che hanno alzato i toni in più occasione, da costringere il giudice a intervenire e chiedere, come avviene negli eventi sportivi, un timeout.
James canta vittoria dopo la decisione di Engoron. "A nessuna sarà permesso di intralciare la giustizia", ha twittato. Quanto stabilito dal giudice comunque non significa che James riceverà automaticamente le risposte che cerca dalla famiglia Trump. L'ex presidente e i figli possono infatti invocare il loro diritto costituzionale a non accusare loro stessi, come ha fatto Eric Trump. Ma possono fare anche appello contro la decisione, che li obbliga a farsi sentire entro 21 giorni, cioè entro il 10 marzo.
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