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Bruxelles, il terrore nelle voci dei testimoni: "Inferno di urla e sangue"

Anche chi è sopravvissuto agli attacchi non dimenticherà quello che è stato un incubo a occhi aperti

Bruxelles, il terrore nelle voci dei testimoni:
lapresse

Nella giornata degli attentati di Bruxelles c'è il dolore per le vittime, ma anche l'orrore per chi è scampato alla morte ma non dimenticherà mai ciò che ha visto.

Le immagini del sangue ancora negli occhi, la polvere in faccia, le lacrime che segnano lunghi solchi. I testimoni degli attentati sono tanti e hanno in comune i volti spauriti, lo shock dei sopravvissuti, il dolore per i morti e i feriti che si sono visti passare davanti.

"Un fiume di persone", racconta un operaio che lavorava accanto alla metro di Maalbeek. Quando ha sentito l'esplosione, Rodolph Deviller è sceso di istinto in strada assieme ai colleghi. "E' stato l'orrore. Ho visto una bambina di tre anni con un braccio bruciato. Piangeva. Cercava i genitori, l'ha accompagnata fuori una donna che era nel panico e non voleva salire sul bus fatto arrivare dalle autorità per evacuare perché aveva paura che potesse esplodere anche quello". Stretto in una coperta, per ripararsi dal freddo essendo sceso in strada con la canottiera da lavoro, prosegue: "La gente sanguinava, avevano il volto bruciato, non sapevano dov'erano. Erano disorientati. C'era il panico. Abbiamo dato conforto come potevamo. Per noi che soccorrevamo e' stato l'orrore, per loro l'inferno. Ho tutto in testa, non lo dimenticherò mai".

Ancora visibilmente scossa, a mezz'ora dall'evacuazione dalla metro, una funzionaria della Commissione Ue che era nel treno successivo a quello colpito aspetta piangendo composta che il telefono ritrovi la rete. "Ho sentito una forte esplosione, poi all'improvviso fumo dappertutto, abbiamo dovuto aspettare 20 minuti, eravamo stipati nel convoglio, e poi le porte si sono aperte e ci hanno evacuato attraverso i binari. Sapevo da subito che era collegato a Zaventem", confessa tremando.

Dell'attentato all'aeroporto di Zaventem i testimoni fanno racconti diversi tra loro, perché lo scalo è molto grande e chi era oltre i check-in non ha potuto vedere lo scempio dei corpi dei morti e dei feriti. Ma chi era nella hall ha vissuto momenti di altissimo terrore, come riferisce la ragazza di un addetto alla sicurezza: "Ci ho parlato, sta bene. Stava lavorando al controllo bagagli e passeggeri, lo stesso lavoro mio. Ha detto di aver sentito due esplosioni poco prima delle otto, nella zona prima dei controlli di sicurezza. C'era sangue dappertutto. Ha detto di aver visto un grande fucile in terra. Lui si e' subito nascosto in una toilette, ma poi la polizia ed i soldati hanno evacuato tutti attraverso i gate di imbarco, verso le piste".

Chi era già agli imbarchi racconta del panico con cui è stato accolto il messaggio dall'altoparlante che diceva dove dirigersi. "In un primo momento gli altoparlanti dicevano di andare verso la zona A, ma avevano la voce rotta ed ho pensato che chi parlava avesse una pistola puntata e ci volessero far radunare per far esplodere anche noi. C'era gente che cercava di nascondersi nelle toilette. Io ho provato un' uscita d'emergenza, ma era bloccata. Siamo finiti nella zona delle partenze intercontinentali, ma la polizia ci ha fermati lì. Eravamo almeno un migliaio di persone. Pensavamo di poter uscire sulle piste e forse sarebbe stato meglio", racconta Ben Sando, 75 anni, ingegnere informatico danese in pensione. "Questo non è l'Islam. No, non è l'Islam", grida con rabbia Hussein, un pachistano di 53 anni che vive nelle Fiandre e stava per imbarcarsi per il Pakistan. Dopo l'esplosione, il tetto di vetro del duty free gli è crollato addosso. "Sono felice che mi sia andata bene. Ma sto male. La situazione è molto brutta".