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Fine vita, via libera della Camera alla proposta di legge: il testo passa al Senato

Il testo rende non più punibile il fine vita se praticato autonomamente dal paziente. Si tratta del suicidio medicalmente assistito, pratica differente dall'eutanasia (competenza dei medici). La critica di Cappato

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E' arrivato il via libera della Camera alla proposta di legge sulla morte volontaria medicalmente assistita.

Il testo sul fine vita è stato approvato nell'Aula di Montecitorio con 253 voti a favore, 117 contrari e un astenuto. Ora toccherà al Senato esprimersi sulla questione.

Cosa cambia - Il testo rende non più punibile il fine vita se praticato autonomamente dal paziente. Si tratta del suicidio medicalmente assistito, differente dall'eutanasia, praticata dai medici.

 

Chi può chiederlo - Il suicidio assistito potrà essere richiesto dal paziente maggiorenne, in grado di intendere e di volere, già coinvolto in un percorso di cure palliative (rifiutate dallo stesso paziente). Colui che chiederà il suicidio assistito deve essere affetto da una patologia irreversibile e da prognosi infausta, che cagioni sofferenze fisiche e psicologiche assolutamente intollerabili. Inoltre, il paziente deve essere tenuto in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente.  

 

Marco Cappato: "Bene, ma non è eutanasia e quindi continuano le discriminazioni" - "La legge sul #finevita è passata alla Camera. Bene. Non è #eutanasialegale e discrimina ancora i pazienti che non dipendono da terapie (es. malati di cancro). Noi continueremo ad aiutare anche loro. Ora tocca al Senato migliorare, se ci sarà informazione".

 

Una legge attesa da anni - Il testo licenziato dalle commissioni recepisce la sentenza del 2019 della Corte costituzionale che aveva chiesto al Parlamento di colmare il vuoto normativo dopo essersi pronunciata sul caso di Marco Cappato, processato e poi assolto per avere aiutato Dj Fabo a morire. La sentenza aveva stabilito che non può essere punito chi agevola il suicidio di un malato terminale a patto che sussistano una serie di condizioni (tra cui l'irreversibilità della malattia, che questa sia fonte di gravi sofferenze, la piena coscienza del paziente e la sua dichiarata volontà di porre termine a tale condizione, il fatto che il malato sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno).

 

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