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Marò, governo India: no pena di morte
Smentito il rapporto della polizia

La decisione finale spetta al giudice che dovrà formulare i reali capi di accusa. No comment dagli investigatori della polizia indiana dopo le indiscrezioni pubblicate dalla stampa

Ansa

L'India ha ribadito la propria posizione a proposito dei marò secondo la quale "il caso non rientra tra quelli che sono punibili con la pena di morte". Lo ha detto il portavoce Syed Akbaruddin, smentendo di fatto le indiscrezioni su un rapporto della polizia indiana pubblicate il giornale The Hindustan Times. De Mistura: "Pronti a mosse e contromosse".

In una dichiarazione al Parlamento il 22 marzo, ha detto il portavoce, il ministro degli Esteri Salman Khushid escludeva la pena di morte aggiungendo che si applicava solo nei "casi rari tra i più rari".

Il portavoce non ha confermato le indiscrezioni di stampa sulla consegna di un rapporto della Nia al ministero degli Interni in cui si chiede l'applicazione di una severa legge che prevede la pena capitale in caso di omicidio.

"In generale, come è noto, - ha detto - in questi briefing non commentiamo argomenti che riguardano problemi interministeriali". Ma, ha proseguito, "sebbene non intendiamo commentare informazioni di carattere speculativo, posso rinviare alla posizione espressa chiaramente dal ministro degli Esteri Salman Khurshid il 22 marzo in Parlamento" .

Nella dichiarazione alla Camera bassa (Loksabha) resa in occasione del ritorno in India dei due marò, il capo della diplomazia indiana, parlando a nome del governo, aveva detto che ''secondo una giurisprudenza indiana largamente applicata, questo caso non ricade nella categoria di quelle materie che richiedono l'applicazione della pena di morte, e cioè nei casi rari tra i più rari". "Quindi - concludeva - non bisogna avere alcuna preoccupazione a questo proposito".

Il portavoce ha poi aggiunto che "l'India intende rispettare l'impegno preso in Parlamento e che ogni decisione sarà valutata tenuto conto il quadro politico articolato in quella dichiarazione".

L'incidente della Enrica Lexie è avvenuto a 20,5 miglia nautiche al largo delle coste del Kerala, oltre quindi le acque territoriali indiane ma all'interno della cosiddetta "zona di interesse economico esclusivo" che si estende fra 12 e 200 miglia nautiche e su cui il Sua Act si applica. "La nostra logica - ha detto al The Hinduistan Times un responsabile della Nia - è che uccidendo i pescatori, i marò hanno commesso un atto che ha messo in pericolo la navigazione marittima. E siccome c'è stato un omicidio, sono passibili di essere accusati in base ad una legge che prevede la pena di morte".

Secondo quanto riferisce ancora The Hindustan Times, il ministero degli Esteri si è impegnato ad "assicurare che i due militari non siano perseguiti in base al Sua Act". "Questo sarebbe una violazione della promessa fatta da Khurshid - spiega - che ha il valore di una garanzia di uno Stato sovrano". Per questo, dopo la consegna del rapporto della Nia, il dicastero degli Esteri "farà un'attenta valutazione e esaminerà tutti gli aspetti legali prima di dare la sua posizione ufficiale".

De Mistura: "Pronti a mosse e contromosse" - "Siamo pronti ad ogni evenienza con mosse e contromosse". Lo ha detto Staffan de Mistura, inviato del governo per la vicenda dei marò, commentando le indiscrezioni. "Siamo in attesa di vedere il rapporto della Nia quando verrà presentato al giudice, qual è la proposta di capo d'accusa da parte della stessa Nia e il capo d'accusa che il giudice riterrà giusto avere nel processo", ha aggiunto.

Dalla Nia solo un "no comment" - Ad una richiesta di conferma dell'esistenza di un suo rapporto in cui si chiede la pena di morte per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, la polizia investigativa indiana Nia ha risposto con un "no comment". Consultato telefonicamente sulle notizie pubblicate dall'Hindustan Times, il vice ispettore P.V. Vikraman ha detto soltanto: "Non posso commentare. Non sono in una posizione per poterlo fare".