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Export: Italia ai livelli della Germania, ma pesa il costo del lavoro

Il 2014 si è chiuso con un +2%, negli ultimi quattro anni le imprese italiane hanno tenuto il passo di quelle tedesche

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Cresce l'export italiano, a dicembre 2014 del 2,6% rispetto al mese precedente e nel complesso dell'anno del 2% dopo un 2013 su livelli inferiori. Spiega l'Istat che la positiva dinamica dell'export è trainata dai paesi Ue (+3,7%). A dicembre 2014, il saldo commerciale è pari a +5,8 miliardi, in ampliamento rispetto a dicembre 2013 (+3,4 miliardi). Al netto dell'energia, l'attivo è di 8,7 miliardi. Nel 2014 l'avanzo commerciale raggiunge 42,9 miliardi ed è più che doppio al netto dell'energia (+86 miliardi).

Un aumento del surplus nella bilancia commerciale nel 2014, inoltre, si osserva anche nell'Eurozona. Il surplus nel commercio internazionale di beni è pari a 194,8 miliardi rispetto ai 152,3 miliardi nel 2013. Nell'Ue a 28, invece, l'eccedenza è diminuita passando dai 51,8 del 2013 a 24,2 miliardi dello scorso anno. Nel mese di dicembre il surplus è risultato essere di 24,3 miliardi nell'Eurozona, con un calo delle esportazioni dell'1,1% e delle importazioni del 2,4%, mentre nell'Ue a 28 è stato di 12,4 miliardi, con un calo nell'export dell'1,8% e dell'import dell'1,3%.

Nel confronto con i principali partner commerciali, nella fattispecie la Germania, l'Italia ha dimostrato di essere in grado di "giocare" alla pari. Nota il Centro Studi di Confindustria che negli ultimi quattro anni l'export delle aziende italiane è cresciuto del 3% annuo, quasi ai livelli di quelle tedesche (+3,5).

Non solo: dal 2000 la qualità dei prodotti, ovvero il rapporto tra i valori medi unitari e i prezzi alla produzione del venduto, è aumentata del 25% cumulato, cioè +1,6% in media all'anno contro lo 0,9% tedesco, lo 0,5% francese e lo 0,4% spagnolo.

In compenso si è manifestato l'aumento del CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto) di tre punti all'anno, quando per le imprese spagnole è stato dell'1,2%, per quelle francesi dello 0,2 mentre nel caso tedesco si è registrata una variazione negativa (-0,1). In soldoni, una minore competitività a causa del costo del lavoro, calcola il Centro Studi di Confindustria, è costato all'Italia una perdita di 0,95 punti percentuali medi annui.

I vantaggi per le imprese italiane orientate all'export dovrebbero ora giungere dal contesto internazionale, in particolare dal calo dei prezzi energetici. E ancora dalle misure che presto adotterà la Banca centrale europea, il quantitative easing su tutte, per via del conseguente deprezzamento dell'euro che dovrebbe valere qualche punto in più in termini di competitività.