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Festival di Sanremo 2016, primo ascolto dei brani tra nostalgia e amore perduto

La stampa ha avuto modo di ascoltare in anteprima le canzoni dei 20 campioni. Un buon livello medio, qualche eccellenza e qualche sorpresa. Tgcom24 ve li racconta

Festival di Sanremo 2016, primo ascolto dei brani tra nostalgia e amore perduto - foto 1
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Il Festival di Sanremo inizia a svelare il suo volto.

Si è svolto a Milano l'ascolto in anteprima per la stampa dei 20 brani dei Campioni in gara. Il tema dominante è come sempre l'amore (spesso quello perduto), quest'anno condito spesso da venature malinconiche e nostalgiche. In un livello mediamente buono, si trovano tante ballate melodiche, qualche pezzo su misura per le radio e un pizzico di rock. Tgcom24 ve li racconta.

Festival di Sanremo 2016, primo ascolto dei brani tra nostalgia e amore perduto

Di solito si dice "squadra che vince non si cambia". Dopo il successo dell'anno scorso Carlo Conti la squadra l'ha cambiata ma non la ricetta, quanto meno per quello che concerne la scelta dei brani. Lo spettro rappresentato è abbastanza ampio e trasversale, un menu fatto per accontentare se non proprio tutti la platea più ampia possibile. Non ci sono scarti in avanti, anche i momenti potenzialmente più "eversivi" si risolvono in lampi di genio ma prossimi al manierismo (Elio e i Bluvertigo). Le radio hanno la loro fetta di brani uptempo e con i suoni giusti (Bernabei, Rocco Hunt), c'è la melodia classica (Pravo) e il pop più raffinato (Arisa, Michielin e Annalisa). C'è un pizzico di soul (Dolcenera) e un po' di rock (Ruggeri). E poi ballate più o meno melodiche, più o meno acustiche, a profusione. C'è anche qualche inciampo ma per quello serve anche la prova dell'Ariston e, soprattutto, dei successivi ascolti, che spesso ribaltano (molte, non tutte) le prime impressioni.

L'ASCOLTO DEI BRANI DEI CAMPIONI


Patty Pravo - Cieli immensi
: festeggia sul palco i 50 anni di carriera con un brano che Fortunato Zampaglione ha cucito su di lei. Elegante, suadente, con atmosfere vagamente 70's, riporta il marchio di fabbrica di Patty. Classica

Clementino - Quando sono lontano: per lui un pezzo costruito con il manuale del bravo rapper al Festival: testo "stradaiolo" quanto basta sul ricordo di una adolescenza difficile, strofe rappate e ritornello in napoletano con melodia che entra subito in testa. Il problema è che va a parare esattamente dove ti aspetti che vada.

Dolcenera - Ora o mai più (le cose cambiano): un pezzo profondamente black, con attacco quasi solo piano e voce è un crescendo che sfocia con grandi cori che appoggiano la voce di Dolcenera nel ritornello. Momenti di virtuosismo vocale, arrangiamento curatissimo e di grande effetto.

Alessio Bernabei - Noi siamo infinito: se la definizione "radiofonico" ha un senso, il brano dell'ex cantante dei Dear Jack ci rientra in pieno. Un pop trascinante con tastieroni dance sulla scia di quello che ha portato tanto bene a Nek l'anno scorso. Bisognerà vedere se la ricetta funzionerà anche questa volta, anche perché in quel caso l'impatto della voce di Nek era determinante.

Stadio - Un giorno mi dirai: un padre che parla alla figlia guardando al futuro tra momenti di difficoltà e commozione. Una partenza quasi acustica che sfocia in un wall of sound che strizza l'occhio al pop rock di grande successo (qualcuno ha detto Coldplay?). Brano che gioca facile facendo leva sulle emozioni.

Annalisa - Il diluvio universale: il passaggio a livello autorale da Kekko (l'anno scorso "Una finestra tra le stelle") a Diego Calvetti significa cambiare universo di riferimento. Pezzo con grandi aperture ma senza solleticamenti al gusto più facile. Annalisa continua a crescere e lo dimostra con un pezzo dall'atmosfera vagamente onirica e dalla melodia raffinata e non banale, nel quale si concede anche l'effetto di una parolaccia. Una canzone che ha però bisogno di tempo per crescere.

Neffa - Sogni e nostalgia: simpatica parentesi canzone fuori dal tempo, tra sezioni fiati e spinette. Marcetta tipica di Pellino con melodia nostalgica di anni perduti, perfettamente in linea con il testo.

Valerio Scanu - Finalmente piove: dopo le imitazioni di "Tale e quale show" e "L'isola dei famosi" Scanu torna a Sanremo. Non è più tempo di far l'amore in tutti i luoghi e tutti i laghi, ma piuttosto di rivendicare il fatto di non essere stato capito. Fabrizio Moro firma un pezzo in linea con la scena pop italiana, dove la cosa più efficace è il doppio ritornello con l'accelerata nella seconda metà.

Noemi - La borsa di una donna: la borsa è la metafora per il bagaglio di esperienze, amori, dolori e contraddizioni che una donna si porta dietro. E Noemi la canta con un pezzo d'atmosfera che prende l'ascoltatore per mano piuttosto che colpirlo con il colpo a effetto.

Zero Assoluto - Di me e di te: il duo jovanotteggia non poco con un "uptempo" leggero leggero che sembra guardare avanti, più alle radio che al palco dell'Ariston. Ma anche come stagione: una melodia più adatta alla prossima estate che alle frizzanti giornate di febbraio.

Giovanni Caccamo e Deborah Iurato - Via di qui: duo inedito per un autore di peso: Giuliano Sangiorgi. La canzone, con un testo che racconta dell'incertezza di fronte a un amore che finisce, dà il meglio di sé nella parte iniziale, piano e voce. Stupisce meno una volta che si è messa in moto, con il ritornello a più voci. Ma è di quelle che richiedono tempo per arrivare.

Dear Jack - Mezzo respiro: vocalist nuovo di zecca e coordinate stilistiche che rispetto al passato sembrano riallinearsi in un altro brano che racconta di una storia d'amore che finisce. Toni da ballata acustica all'inizio e un ritornello di impatto che ricorda il Mengoni più recente.

Bluvertigo - Semplicemente: una delle presenza che suscitano maggiore curiosità. In questo brano c'è tante carne al fuoco, persino troppa. Armonie ardite nella strofa d'apertura, un inciso che riporta ai classici del gruppo e un ritornello che si inserisce nella migliore tradizione melodica italiana. Elettronica ridotta al minimo, profusione di archi e un assolo di sax. Ricorda più il Morgan solista che i vecchi Bluvertigo.

Lorenzo Fragola - Infinite volte: il pezzo detiene il primato per il maggior numero di volte in cui viene usata la parola amore. Con il suo impasto di romanticismo e nostalgia può funzionare, pur senza eccessi di originalità.

Irene Fornaciari - Blu: la figlia di Zucchero affronta in forma poetica la storia di una donna che sembra intrecciarsi con il tema dell'immigrazione, in una delle poche canzoni che non parlano classicamente di amore. Niente blues o echi anni 60 per lei. Una strofa solida (Mannoia) con un ritornello che purtroppo sembra non alla stessa altezza. A metà del guado

Enrico Ruggeri - Il primo amore non si scorda mai: Ruggeri fa Ruggeri. Per questo brano ha messo insieme alcune delle sue forme più riconoscibili di scrittura, andando a riascoltarsi soprattutto il periodo di "Peter Pan". Tra assoli di hammond, chitarre pesanti e un ritornello azzeccato, il brano funziona. Rock da cantautore.

Francesca Michielin - Nessun grado di separazione: esempio di canzone che si muove in maniera autonoma rispetto agli schemi richiesti. La strofa si apre nel ritornello in modo naturale ma non scontato, sfociando in una melodia contagiosa, con qualche virtuosismo vocale. Arrangiamento interessante, con atmosfere sognanti, un pizzico di elettronica e tappeti che ricordano influenze internazionali.

Rocco Hunt - Wake Up: il rapper più che all'hip hop nostrano sembra essersi ripassato a memoria il canzoniere di Pino Daniele. Alza i beat dell'Ariston, e mette in fila un diluvio di parole non banali per raccontare il presente del nostro Paese (con un passaggio dedicato alla sua terra, che non manca mai). Forse il meno sanremese di tutti.

Arisa - Guardando il cielo: arrangiamento delicato, una strofa con il giusto tocco di nostalgia che viene spazzato via da un ritornello sorprendemente solare che porta su un terreno che non ti aspetti. E su tutto l'interpretazione di Arisa, in questi casi valore aggiunto a un brano già di per sé sopra la media.

Elio e le storie tese - Vincere l'odio: se l'ultima volta avevano presentato la canzone con una nota sola questa volta hanno lasciato da parte le strofe mettendo insieme solo ritornelli che si susseguono in maniera vorticosa. Un medley folle che riassume 50 anni di melodia italiana, praticamente impossibile da memorizzare al primo colpo. E quel "vincere l'odio" del titolo non è che la citazione ribaltata di un classico sanremese... Perdere l'amore.