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Sanità, infezioni ospedaliere a 10%: in terapia intensiva a 15%

Il direttore dellʼUnità Operativa di Malattie infettive dellʼOspedale di Pisa, Francesco Menichetti: "In Italia mancano strategie efficaci per contrastare i batteri resistenti agli antibiotici"

Circa il 10% dei pazienti ricoverati negli ospedali italiani va incontro a infezioni contratte durante il ricovero, e molto spesso si tratta di polmoniti.

Lo ha detto il direttore dell'Unità Operativa di Malattie infettive dell'Ospedale di Pisa, Francesco Menichetti, secondo il quale in terapia intensiva "questa incidenza può raggiungere il 15% dei ricoverati". "Il problema più grave - ha aggiunto l'esperto - è che non esistono terapie adeguate a contrastare i batteri resistenti agli antibiotici" che causano tali infezioni.

"La letalità delle setticemie causate da Klebsiella pneumoniae può raggiungere il 50% nei pazienti che hanno una sepsi grave o uno shock settico si arriva all'80%", ha osservato lo scienziato. "In terapia intensiva - ha proseguito - sino al 20% dei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica prolungata è a rischio di sviluppare polmonite. Sono interventi importanti che richiedono precise azioni di contenimento".

Allarme per mancanza di strategie anti batteri - Gli esperti riuniti in occasione del II Workshop Pneumologico del Centro Italia presso l'Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma hanno lanciato l'allarme sulla mancanza di una strategia per fare fronte ai germi resistenti in ospedale. "Ci vuole, innanzitutto, una strategia complessiva - ha affermato Menichetti - che sia politica e tecnica, che coinvolga l'ospedale e i medici della comunità, per poter riconsiderare gli antibiotici farmaci preziosi da non sprecare e da usare correttamente, in modo da ridurre la pressione selettiva".

"Rinforzare l'infection control" - Secondo il medico, "la seconda mossa è quella di limitare la diffusione dei germi resistenti in ospedale, rinforzando l'infection control, bloccando quindi la diffusione del contagio. Bisogna tornare, infine, ad allocare risorse economiche e a scommettere nuovamente sulla ricerca indipendente. Solo in questo modo è possibile fronteggiare la sfida della resistenza antimicrobica".