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San Raffaele, l'antitumorale p53 osservato speciale: una possibilità per nuove cure

La scoperta grazie a un supermicroscopio suggerisce un nuovo modello di funzionamento per i fattori di trascrizione di quelle proteine che regolano altri geni

San Raffaele, l'antitumorale p53 osservato speciale: una possibilità per nuove cure - foto 1
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Grazie a una sofisticata tecnica di microscopia innovativa, alcuni ricercatori dell'Ospedale San Raffaele di Milano hanno osservato per la prima volta dal vivo il comportamento della p53, detta il 'guardiano del genoma', una proteina anti-tumorale presente in tutte le nostre cellule, e ne hanno svelato il meccanismo di attivazione.

I risultati del loro studio, pubblicati su “Nature Communications”, si spera possano aprire la strada in futuro a nuove possibili terapie.

“Ogni volta che il DNA di una cellula viene danneggiato - spiegano i ricercatori - una proteina chiamata p53, il cosiddetto guardiano del genoma, entra in azione e prende una decisione di drastica importanza: avviare il processo di correzione degli errori del DNA o al contrario quello di autodistruzione della cellula. L'obiettivo è lo stesso: evitare che quest'ultima, accumulando mutazioni nel corso delle generazioni, diventi tumorale.” I ricercatori del San Raffaele sono riusciti a osservare in tempo reale e grazie ad un ‘super microscopio', la dinamica della p53 nel nucleo cellulare, scoprendo che, per il successo della sua azione, non basta che la proteina sia sana - senza mutazioni - e presente in abbondanza, ma è anche necessario che venga attivata da altre proteine.

Solo dopo l'intervento di queste 'colleghe', la p53 è in grado di legarsi al Dna per un tempo sufficiente ad avviare uno dei due processi antitumorali: se il danno è limitato, la cellula cerca di porvi rimedio attraverso una serie di 'macchine molecolari' che ripristinano la corretta sequenza di informazioni genomiche, se invece il danno è troppo grande per poter essere corretto in sicurezza, la cellula opta per il 'suicidio' (apoptosi o morte programmata). "Grazie a questo strumento - spiegano i ricercatori - abbiamo scoperto che l'attivazione della p53 da parte di altre proteine presenti nella cellula è fondamentale e che solo se attivata questa proteina è in grado di associarsi al Dna abbastanza a lungo da avviare i processi per cui è programmata e grazie ai quali i tumori hanno vita breve."

"La scoperta, oltre a essere rilevante nel campo dei tumori e ad aprire la strada a nuove ipotesi terapeutiche – commentano i ricercatori - suggerisce un nuovo modello di funzionamento per i fattori di trascrizione di cui p53 è un esempio, ovvero per tutte quelle proteine che regolano l'espressione di altri geni e quindi sono responsabili dell'avvio di processi cellulari complessi".