la crisi

Crisi, attenzione alla sindrome di Cipro

Se mai l’Italia arrivasse a rischiare come l'isola del Mediterraneo, perché mai a pagare dovrebbero essere, ancora una volta, i cittadini? Perché non chiedere agli enti locali di tagliare le loro spese per l’importo necessario?

02 Apr 2013 - 12:48
 © Ansa

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Simpaticamente ci aspetta un ennesimo anno di lacrime e sangue. Tanto per capirci: per far fronte alla spesa corrente – compresi gli interessi pagati per Bot, Cct, Btp, ecc.- lo stato deve tirar fuori ogni mese trenta miliardi euro. Che ha solo in parte. E allora via con altri Bot, Cct, Btp, e il nostro debito corre. Chi paga? Noi.

Ma dove caspita vanno a finire la miriade di tasse che gravano sul cittadino italiano? La risposta e’ persino banale: in gran parte negli enti locali (comuni, province, regioni, comunita’ montane ecc.) Sono infatti sempre loro a lagnarsi che i soldi non bastano, che non possono garantire l’assistenza sanitaria, che ci sono costi imprevisti per il dissesto idrogeologico, che lo stato li deruba delle entrate, e via cosi’. Pero’ non tagliano mai una spesa che sia una e, se lo fanno, rasentano il ridicolo. Un po’ come la camera dei deputati che costa 2215 euro al minuto, ovvero un po’ piu’ di tre milioni al giorno.

Nell’ultimo bilancio, quello del 2012, la politica dei tagli faticosamente varati a Montecitorio ha consentito un risparmio di ben 100 mila euro. Ovvero 45 minuti di costi in un anno !! Certo, se le partecipate dei vari comuni italiani (e parliamo di 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione delle 7 mila società, Enti, Consorzi, Autorità di Ambito) rischiano –l’una per l’altra- una miriade di bancarotte, diventa difficile chiedere risparmi di bilancio! Stiamo parlando delle locali societa’ del gas, della luce, dell’acqua, dei trasporti urbani ed extra urbani, di traghetti, di nettezza urbana, alle quali ogni mese gli utenti pagano in contanti servizi vergognosi e carissimi senza tuttavia rimpinguarne le casse sempre piu’ esauste. I ricavi scompaiono in rivoli misteriosi, per acquisti misteriosi, per finanziare joint venture misteriose con paesi ex sovietici o africani. Alla guida di questi carrozzoni c’e’ praticamente sempre un politico trombato.

Che –in una specie di mutuo soccorso- condivide questa sinecura con colleghi e “avversari” degli altri partiti , anche loro tutti ex-qualcosa. Secondo uno studio della Uil sono 1,3 milioni di persone quelle che vivono direttamente o indirettamente di politica. Costano alla collettivita’ oltre 18 miliardi di euro all’anno, praticamente quanto si spende per mantenere esercito, marina e aviazione messe insieme, oppure l’equivalente di un punto di PIL. Si parla molto dei costi della politica Romana, eppure oltre meta’ di questa cifra –ovvero una decina di miliardi, viene fagocitata, e spesso sprecata, direttamente o indirettamente dagli enti locali.

Una sola cifra per tutte: Presidenti Di Regione E Provincia, Sindaci, Consiglieri e Assessori Regionali, Provinciali, Comunali sono ben 180 mila! E il punto e’ questo: se mai l’Italia arrivasse a rischiare come a Cipro, perche’ mai a pagare dovrebbero essere, ancora una volta, i cittadini? Perche’ non chiedere agli enti locali di tagliare le loro spese per l’importo necessario? E’ qui che si vede un buon amministratore, un buon sindaco, un buon governatore: buoni tagli, tanti voti! Rifiutarsi sarebbe un via libera al saccheggio dei conti correnti dei poveri cittadini. Proprio come a Cipro. Questa volta, almeno, sapremmo di chi e’ la colpa!

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