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Gino Sarfatti, mio padre

In occasione della mostra che la Triennale di Milano dedica al grande designer, la figlia Micol lo ricorda così per Tgcom24

Ufficio stampa

Funzionali e razionali. Per Gino Sarfatti, mio padre, le lampade dovevano essere così. Amava dire che “in natura non esistono il bello e il brutto. E' bella la farfalla ed è bello il rospo. La farfalla è fatta per volare sui fiori. Il rospo per nuotare nello stagno”. Precisava che “ gli architetti sono ossessionati dall'idea del bello, ma io non sono un architetto”.

Gli apparecchi di illuminazione -come preferiva definirli- di mio papà sono nati per caso. Perché nel 1930, mentre studiava ingegneria aeronavale, il “fermo delle navi” imposto dalla Società delle Nazioni rovinò le attività della sua famiglia. Si mise a lavorare come garzone per un amico che gli chiese di riparare una lampada. Nacque così la sua prima creazione, ne sarebbero venute altre 400. Nel 1939 fondò a Milano Arteluce, l'azienda che diresse fino al 1973, anno della cessione a Flos.

Ho potuto conoscere mio padre per pochissimo tempo, ma le sue lampade, che da sempre illuminano gli ambienti in cui ho vissuto e che ben rispecchiano la sua personalità, me lo ricordano ogni giorno. La mostra alla Triennale di Milano, curata da Sandra Severi e Marco Romanelli, che hanno lavorato con passione e dedizione a questo progetto per oltre cinque anni, ne omaggia l'opera e ripercorre la storia, che si intreccia con quella del nostro Paese.

Dalla crisi del '29 alla Seconda Guerra Mondiale, alle leggi razziali, fino alla nascita del disegno industriale. Il design, oggi, è diventato uno dei fiori all'occhiello del Made in Italy. Se ne parla sempre di più e proprio per questo è ancora più importante conoscerne origini e pionieri. Questa esposizione racconta Gino Sarfatti con un allestimento minimale, elegante e, ovviamente, luminoso. Proprio come lui.