Jobs Act, Cgil: Renzi come la Thatcher Premier: dove eravate in questi anni?
Durissimo botta e risposta tra Susanna Camusso e il presidente del Consiglio, che accusa i sindacati: "Difendete solo le ideologie, non le persone". La Fiom anticipa la mobilitazione nazionale
"Non stiamo difendendo noi stessi: chi vorrebbe cancellare l'articolo 18 sta cancellando la libertà dei lavoratori".
Per la Camusso "bisogna fare sì che tutti abbiano gli stessi diritti con contratti a tempo indeterminato". Quanto alle analogie tra il modello di Renzi e quello della Thatcher, secondo la numero uno del sindacato, risiedono "nell'idea delle forze politiche liberiste estreme, nell'idea che è la riduzione dei diritti dei lavoratori lo strumento che permette di competere". "E' il rovesciamento dei fattori - ha soggiunto - che ricorda la stagione del liberismo le cui conseguenze l'Europa paga tutt'ora continuando a essere prigioniera di una linea di austerità che non ha risolto la crisi in nessun Paese".
"I diritti siano uguali per tutti"
- "La sfida che lanciamo noi - ha poi soggiunto - è fatta dall'idea che si può fare lo statuto dei lavoratori, ma bisogna fare sì che tutti abbiano gli stessi diritti con contratti a tempo indeterminato".E ancora: "A chi ci definisce conservatori rispondiamo che la conservazione dei diritti è il migliore frutto della storia repubblicana e a questa non rinunciamo". La leader della Cgil ritiene che, "per giustificare le scelte" sul tema del lavoro "si stia cercando un nemico, ma il problema vero è quello di uscire dalla crisi. Il sogno che abbiamo tutti è quello di unire le forze per combatter il precariato e costruire diritti, ma ci troviamo di fronte a un modello opposto. Basta quindi con lo schema amici e nemici, che anche a sinistra ha prodotto grandi danni".
"In Jobs Act vedo continuità con l'era Berlusconi"
- "C'è una continuità lunga nel tempo, quella di immaginare che la destrutturazione delle forme di assunzione contrattuale sia un elemento che permette competitività al mercato del lavoro", ha poi puntualizzato. E, sull'ipotesi si uno sciopero contro la riforma del lavoro, ha detto che non ci sono in programma incontri con l'esecutivo e ha aggiunto: "Non capisco perché lo sciopero generale sarebbe un rischio. E' una delle forme di mobilitazione possibili del sindacato".Il premier attacca Cgil e Fiom -
"A quei sindacati che vogliono contestarci io chiedo: dove eravate in questi anni quando si è prodotta la più grande ingiustizia, tra chi il lavoro ce l'ha e chi no, tra chi ce l'ha a tempo indeterminato e chi precario?". Poi aggiunge: "Si è pensato a difendere solo le battaglie ideologiche e non i problemi concreti della gente".Renzi rimanda poi al mittente il paragone con la Thatcher: "Sono i diritti di chi non ha diritti quello che ci interessa: li difenderemo in modo concreto e serio. Non siamo impegnati in uno scontro del passato, ideologico.
Non vogliamo il mercato del lavoro di Margareth Thatcher
ma un mercato del lavoro giusto, con cittadini tutti uguali".Il governo, soggiunge, sta pensando "a quelli a cui non ha pensato nessuno in questi anni, che vivono di co.co.pro. e co.co.co e che sono condannati a un precariato a cui il sindacato ha contribuito preoccupandosi solo dei diritti di qualcuno e non di tutti".
"Noi - continua Renzi - siamo preoccupati non di Margaret Thatcher, ma di Marta, 28 anni, che non ha la possibilità di avere il diritto alla maternià" perché "in questi anni si sono fatti cittadini di serie A e di serie B".
E riprende: "Marta, 28 anni, sta aspettando un bambino ma a differenza delle sue amiche che sono dipendenti pubbliche non ha nessuna garanzia, perché in questi anni si sono fatti cittadini di serie A e di serie B".
"Noi quando pensiamo al mondo del lavoro non pensiamo a Margaret Thatcher - afferma il presidente del Consiglio - ma a Giuseppe, che ha 50 anni e non può avere la cassa integrazione o a chi, piccolo artigiano, è stato tagliato fuori da tutte le tutele, magari la banca gli ha chiuso i ponti e improvvisamente si è ritrovato dalla mattina alla sera a piedi. Pensiamo a quelli a cui non ha pensato nessuno in questi anni, che vivono di co.co.pro. e co.co.co e che sono condannati a un precariato a cui il sindacato ha contribuito preoccupandosi solo dei diritti di qualcuno e non di tutti".