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Tpi, criminale ex Jugoslavia beve veleno in aula e muore | Il premier croato: condanna ingiusta e immorale

Slobodan Praljak, ex comandante croato, ha ingerito il veleno dopo la lettura della sentenza di appello che ha visto confermare la condanna a 20 anni per crimini di guerra

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Il generale croato Slobodan Praljak è morto in un ospedale a L'Aja, dopo aver bevuto in diretta televisiva del veleno al momento della conferma della sentenza a venti anni di carcere per crimini di guerra, al Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia.

Lo riportano i media. "Non sono un criminale di guerra", aveva urlato prima di ingerire il veleno.

Prima di bere il veleno, il generale croato ha detto "Slobodan Praljak non è un criminale di guerra e con sdegno respingo la sentenza" del Tpi. Un'ambulanza e altri servizi di emergenza sono subito accorsi davanti al tribunale dell'Aja, ma il loro intervento si è rivelato inutile.

Ordinò la distruzione del ponte di Mostar - Praljak era stato nello specifico incriminato per aver ordinato nel novembre 1993 la distruzione del leggendario ponte di Mostar, risalente al 16esimo secolo. Per i giudici la decisione dell'ex comandante aveva "causato danni ingenti alla popolazione civile musulmana".

I croati e i musulmani di Bosnia erano alleati contro i serbi ma si sono combattuti per 11 mesi tra il 1993 e il 1994. Praljak comandò le forze croate di Bosnia, note con l'acronimo Hvo, dal luglio al novembre 1993. Simbolo della devastazione della Bosnia durante la guerra, il ponte di epoca ottomana è stato poi ricostruito.

Il premier croato: ingiusta la condanna di Praljak - Il primo ministro croato, il conservatore Andrej Plenkovic, ha definito "ingiusta" la sentenza di condanna per crimini di guerra da parte del Tribunale penale internazionale dell'Aja (Tpi) nei confronti di sei alti esponenti politici e militari croato-bosniaci, incluso il generale Slobodan Praljak. Plenkovic ha annunciato l'intenzione del governo di impugnare legalmente la sentenza del Tpi. Il "gesto" di Slobodan Praljak mostra "la profonda ingiustizia morale" del tribunale dell'Aia", ha concluso Plenkovic.