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Gentiloni: dobbiamo salvare i cristiani "Ma lʼopzione militare non è lʼunica"

Il titolare della Farnesina sottolinea che in passato interventi armati "hanno avuto esiti tuttʼaltro che risolutivi" e precisa: "Non stiamo parlando di nuove guerre o invasioni come è avvenuto in Iraq"

roberta pinotti paolo gentiloni
ansa

"Intervenire contro la persecuzione dei cristiani e a sostegno delle minoranze religiose si deve fare in tutti i modi e senza escludere l'opzione militare". Lo ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Ma allo stesso tempo Gentiloni ha messo sul tavolo anche altre possibilità: "Non escludere l'opzione militare fa sicuramente titolo ma non è l'unica risposta al terrorismo nè la risposta decisiva".

"Servono interventi su più terreni" - Ai microfoni di Radio Anch'io, il ministro ha sottolineato che il Paese "è già coinvolto da diversi mesi" in un'operazione militare anti-Isis in Siria e in Iraq "con l'autorizzazione del Parlamento". D'altronde, ha aggiunto, la lotta al terrorismo va condotta con "interventi su più terreni".

E ancora: "All'interno della comunità musulmana c'è un conflitto tra sciiti e sunniti che noi dobbiamo provare a moderare, ci sono le operazioni di contrasto al finanziamento dei gruppi, c'è la dimensione della cooperazione economica". Gentiloni ha poi fatto riferimento anche agli aiuti umanitari verso i rifugiati e alla collaborazione tra università precisando ancora una volta che "quando si dice possiamo fare di più non vuol dire mettere mano alle pistole".

"No a guerre o invasioni come in Iraq" - "In passato ci sono stati interventi militari che hanno avuto esiti tutt'altro che risolutivi - ha aggiunto il titolare della Farnesina -, ma che anzi hanno aggravato la situazione". E ha concluso: "Non stiamo parlando di nuove guerre o invasioni come quelle avvenuto in passato, ad esempio, in Iraq".