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Stoccolma, è caos nelle periferie: 13 arresti

Proseguono le violente manifestazioni nei sobborghi della capitale svedese: date alle fiamme scuole, caserme a decine di auto. Il premier. "Non è libertà dʼespressione, ma vandalismo"

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Cinque notti di scontri, decine di auto incendiate, tredici arresti: è questo il bilancio degli scontri che stanno sconvolgendo le periferie di Stoccolma. La Svezia sta vivendo sulla propria pelle il disagio di una generazione di figli di immigrati, spesso disoccupati e dal livello di istruzione modesto. Sentendosi relegati ai margini della società, questi "nuovi svedesi" esprimono in modo violento il proprio dissenso.

La scintilla che ha generato il caos sarebbe la morte di un 69enne migrato trent'anni fa nella penisola scandinava dal Portogallo: secondo la ricostruzione affidata al quotidiano Aftonbladet dal cognato, Risto Kajanto, lo scorso 12 maggio l'uomo sarebbe stato aggredito da banda di bulli mentre rientrava con la moglie nella sua casa di Husby. Per allontanarli li avrebbe minacciati con un lungo coltello. La polizia si sarebbe poi presentata alla sua porta per avere chiarimenti senza tuttavia ottenere risposta, avrebbe dunque fatto irruzione e, credendo la moglie in pericolo, avrebbe sparato all'uomo. La polizia non ha commentato le parole di Kajanto.

Il portavoce della polizia, Kjell Lindgren, ha dichiarato che gli arrestati sono tutti ragazzi di età compresa tra 18 e 25 anni. I bersagli della loro rabbia sono stazioni di polizia e scuole, simbolo di un riscatto di cui queste persone si sentono defraudate, anche se il ministro dell'integrazione, Erik Ullenhag, crede che la stampa internazionale sbagli nell'indicare in giovani arrabbiati i protagonisti dei disordini: ''Non si tratta di giovani delle periferie che protestano contro la societa'', ha dichiarato, senza tuttavia spiegare chi siano i colpevoli, come motivare allora le fiamme che avvampano nelle strade di Stoccolma. Prendiamo Husby, la cittadina a nord della capitale da dove tutto è partito: il 60% circa dei suoi 12mila abitanti è nato al di fuori dei confini svedesi; uno dei pochi manifestanti intercettati dalle emittenti locali ha detto di aver agito in segno di protesta contro disoccupazione e razzismo: ''Abbiamo bruciato auto, tirato pietre contro la polizia - ha affermato il ragazzo - È una buona cosa, ora la gente sa dov'è Husby: è il solo modo per farsi ascoltare''. Il primo ministro Fredrik Reinfeldt invita la popolazione ad assumersi le proprie responsabilità e raffreddare la situazione, perché “incendiare l'auto del vicino non è un esempio di libertà di espressione, ma vandalismo”.

In ogni caso l'immagine di paese tollerante, libero e accogliente vacilla. Ad alimentare il dubbio non sono solo i fatti di cronaca, ma anche le parole del ministro dell'Immigrazione, Tobias Billstroem:''La Svezia ha bisogno di rafforzare le leggi per i richiedenti asilo e altri potenziali immigrati al fine di ridurre il numero di persone che arrivano nel paese”. Le porte non sono più spalancate dunque, la situazione, evidenzia Billstroem, ”non è sostenibile''.