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Scozia, tutti gli scenari possibili se al referendum vincerà il sì

Il 18 settembre si vota per lʼindipendenza a partire dal 2016, prevista unʼaffluenza alle urne dellʼ80%. Barroso: "Sarebbe fuori dallʼUe"

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Il 18 settembre i cittadini scozzesi voteranno il referendum che deciderà il destino del loro Paese: fuori o dentro il Regno Unito. La domanda proposta è apparentemente semplice: "Dovrebbe la Scozia essere un Paese indipendente?". Se vincerà il sì, la Scozia sarà indipendente a partire dal 2016, determinando il probabile crollo dell'economia, una crisi costituzionale e un nuovo ruolo da definire all'interno di Onu e Unione Europea.

Scozia, tutti gli scenari possibili se al referendum vincerà il sì

Chi, come e quando del voto - La chiamata alle urne per lo storico referendum sull'indipendenza della Scozia partirà alle ore 7 e terminerà alle ore 22 di giovedì 18 settembre. Potranno accedere al voto tutti i residenti in Scozia registrati negli elenchi elettorali e - per la prima volta nella storia - tutti i giovani che avranno compiuto 16 anni entro il 18 settembre. La formula limita il diritto al voto al solo territorio scozzese, escludendo di fatto tutti i cittadini residenti nel resto del Regno Unito. Tradotto in numeri, vuol dire che potranno votare al massimo 5 milioni di scozzesi. Al momento le stime della commissione elettorale prevedono un'elevata affluenza alle urne, fino all'80% (pari a circa 3,4 milioni di persone). Per la vittoria sarà sufficiente una maggioranza semplice.

Una volta terminato il conteggio in tutte le 32 circoscrizioni scozzesi, l'esito ufficiale che potrà cambiare la storia potrebbe essere annunciato già nella mattinata del 19 settembre.

Indipendenza dal 2016 - Se vincerà il "sì", il governo scozzese proporrà che la proclamazione ufficiale dell'indipendenza sia fissata per il 24 marzo 2016, vale a dire esattamente 309 anni dopo la firma dell'Act of Union con l'Inghilterra, nel 1707. Una scelta simbolica e concreta al tempo stesso, perché i circa 18 mesi tra il voto e la data dell'"Indipendence Day" sarebbero necessari per delineare il futuro assetto costituzionale della Scozia e per negoziare il rapporto con il Regno Unito e con le organizzazioni internazionali, tra cui l'Ue. Meno di due mesi più tardi, il 5 maggio 2016, si terrebbero inoltre le prime storiche elezioni parlamentari della Scozia indipendente.

Le conseguenze del "sì": la Scozia del futuro - La vittoria degli indipendentisti sancirebbe la fine dell'unione che Scozia e Inghilterra stipularono nel lontano 1707 con l'Act of Union, con conseguente apertura di scenari politici, costituzionali ed economici tutt'altro che semplici. La prima grande incognita che si profila all'orizzonte del "sì" riguarda la valuta che userà la Scozia: Edimburgo preme per l'unione monetaria sotto la sterlina, mentre Londra è contraria. La questione sarà centrale anche per la gestione del debito pubblico scozzese, che ammonterebbe a circa 143 miliardi di sterline, a fronte dei 1700 del debito britannico complessivo. I dati e le stime sono del National Institute of Economic and Social Research. Ma le incertezze non finiscono qui. Verrebbero ridiscussi anche i confini e le frontiere tra Scozia e Inghilterra, soprattutto in merito a possibili politiche divergenti in tema di immigrazione. La necessità o meno dell'utilizzo del passaporto per l'ingresso nel nuovo Stato dipenderà dallo status che la Scozia indipendente rivestirà in ambito Ue. Questione a dir poco scabrosa, se si considera che il prevalere del "sì" darebbe il via a una crisi costituzionale. E non è affatto escluso - anzi, è molto probabile - che gli scozzesi scelgano di rinunciare alla monarchia.

Le conseguenze del "sì": l'Inghilterra - Dal punto di vista inglese, invece, la vittoria del sì significherebbe un autentico terremoto. Il principale bersaglio sarà con ogni probabilità il premier David Cameron, che ha autorizzato il referendum e che comunque ha già annunciato, in via preventiva, che non si dimetterà in caso di secessione scozzese. Tuttavia sarà ardua impresa resistere a una pressione tanto violenta, tanto per Cameron quanto per Ed Miliband, il leader laburista che secondo l'opinione pubblica non è riuscito a tenersi stretto un bacino così importante per il partito come quello scozzese. Ma anche in questo, le possibili catastrofi non finiscono qui. Secondo il parere di molti esperti, si assisterà a un crollo della sterlina e dei mercati già a partire dalle prime ore successive a un'eventuale indipendenza. In questo caso la Bank of England sarebbe costretta a intervenire per evitare una probabile recessione e altri danni sistemici all'economia.

Rapporti internazionali: Ue, Onu e Consiglio di Sicurezza - "Se la Scozia dovesse diventare uno stato indipendente sarebbe fuori dall'Unione europea. Per rientrarvi dovrebbe presentare la propria candidatura". Questo è quanto si legge in una lettera del presidente della Commissione Europea Barroso, datata dicembre 2012 e indirizzata a Lord Tugendhat. Il messaggio è chiarissimo: se sceglie l'indipendenza, la Scozia sarà fuori dall'Ue e dovrà candidarsi se vorrà entrare a far parte della comunità. Il documento è stato ripreso dalla Commissione Ue quando è stata interrogata sul referendum scozzese. I pareri contrari e sfavorevoli alla secessione non sono pochi. Anche l'ex premier inglese John Major ha parlato di "disastrose conseguenze" di una vittoria del "sì" a nord del Tweed, prevedendo che la Gran Bretagna dovrà rinunciare al seggio permanente in Consiglio di Sicurezza. Lo scenario secessionista è sempre stato considerato "improbabile" dai diplomatici del Regno Unito e dagli osservatori all'Onu. Almeno finora. Come è avvenuto per la Russia dopo il crollo dell'URSS, anche il Regno Unito potrebbe mantenere il seggio e il diritto di veto in ambito Onu. Anche se non sarebbe più "Unito" come prima. Dal punto di vista scozzese la situazione appare altrettanto delicata. Per votare in Consiglio di Sicurezza, infatti, la Scozia indipendente dovrebbe farsi eleggere tra i 10 membri non permanenti con mandato biennale, senza ovviamente beneficiare diritto di veto. Tutto questo, però, soltanto dopo essere stata ammessa come 194esimo Paese delle Nazioni Unite.