Il rapporto Symbola-Unioncamere

L'impatto della “green economy” in Italia

Dalla “green economy” è arrivato un contributo importante sul fronte occupazionale, con la creazione di 249mila nuovi posti di lavoro nel 2016

21 Ott 2016 - 17:14

Anche negli anni più difficili della crisi economica, le imprese italiane non hanno rinunciato ad investire nelle tecnologie “green”, per ridurre l'impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Il tutto ovviamente a beneficio dell'ambiente, ma anche della competitività dell'impresa stessa.

Secondo GreenItaly 2016, il settimo rapporto condotto da Fondazione Symbola e Unioncamere, le imprese italiane dell'industria e dei servizi, che dal 2010 hanno investito (o lo faranno quest'anno) in tecnologie “green”, sono oltre 385mila. Ovvero il 26,5% del totale delle aziende presenti in Italia.

Gli investimenti (recenti e passati) hanno reso le imprese più competitive – il 35,1% delle imprese “green” ha aumentato il fatturato nel 2015 a fronte del 21,8% delle altre – e si sono tradotti anche in nuove assunzioni di figure professionali in possesso delle competenze necessarie: dalla “green economy” è arrivato così un contributo importante sul fronte occupazionale – complessivamente in Italia i professionisti “green” sono circa tre milioni, pari al 13,2% degli occupati totali – e che per di più è destinato a crescere ulteriormente entro dicembre: il rapporto stima che nel 2016 l'economia “green” genererà 249mila nuovi posti di lavoro, fra green job in senso stretto e figure ibride con competenze green.

Le professioni della “green economy” si dividono infatti in due categorie: le figure cosiddette ibride, che non sono direttamente finalizzate alla gestione dell'impatto ambientale di un'impresa-prodotto-servizio, e i “green jobs”.

Tra le prime vanno incluse figure come il direttore sicurezza e ambiente e l'energy manager; tra le seconde, invece, troviamo ad esempio il biologo ambientale, il geologo e il consulente energetico. Si tratta di professionisti altamente qualificati – l'80% possiede una laurea – e che, fatta eccezione per alcuni casi specifici, percepiscono stipendi in linea con il mercato nazionale delle retribuzioni per le professioni ibride e superiori alla media per quelle propriamente “green”. Ecco qualche esempio.

Secondo l'Osservatorio JobPricing, che ha provato a quantificarne la Retribuzione annua lorda, l'Energy Manager, inserito solitamente nell'impresa come quadro, viene retribuito con un salario inferiore alla media nazionale dei quadri: 43.843 contro 53.914 euro. Mentre i biologi ambientali, geologi e meteorologi percepiscono (rispettivamente) 7 mila, 6 mila e 5 mila euro in più rispetto alla media degli impiegati, pari a 31.122 euro annui.

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