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"Molto più che sanguisughe, vampiri", inchiesta di Mario Giordano

In anteprima due delle storie denunciate nellʼultima fatica letteraria dal direttore del Tg4 per i lettori di Tgcom24

"Si può andare in pensione ancora oggi a 55 anni con 5.000 euro al mese? Si può riscuotere un assegno per 66 anni pur avendo lavorato soltanto 3 anni? Si può ricevere un vitalizio da 1.317.805 euro intascando pure il sussidio di disoccupazione? Si possono cumulare tre pensioni ed essere nominati presidente delle Autostrade? Ma certo, che si può: basta appartenere a una delle fortunate categorie che mese dopo mese continuano a prosciugare le nostre tasche e il futuro del Paese".

La nuova inchiesta del direttore del Tg4 Mario Giordano, "Vampiri" (Mondadori), rivela che negli ultimi anni i privilegi si sono moltiplicati: per i politici, ma anche per i giornalisti, per i 17.318 sindacalisti, per banchieri, magistrati, alti papaveri e prelati. Tante le storie denunciate in quest'ultimo libro, "dedicato ad Aurora B., 27 anni, parrucchiera a Pisa: secondo i calcoli dell'Inps, dovrà andare in pensione il 1° marzo 2064, quando avrà lavorato 58 anni. Percepirà meno di 1.000 euro netti al mese".

"Pensare che il Paese di Aurora - è la riflessione di Giordano - possa continuare a pagare la pensione a vedove di parlamentari che non hanno fatto nemmeno un'ora in aula; o alla figlia di un deputato monarchico in carica dal 1947 al 1951; o a un ex consigliere regionale della Calabria che prende 7.490 euro da quando aveva 44 anni e adesso è in carcere con gravissime accuse, è uno scandalo che non si può accettare. Anche perché, come questo libro vi svelerà, Aurora B. e gli altri non assistono solo all'ingiustizia: la pagano di tasca propria. Infatti, con i loro soldi stanno finanziando i privilegi dei nababbi. Sembra assurdo, ma è così. E per questo i folli vitalizi non sono un diritto, ma un furto. Un furto di equità e di futuro, che si ripete ogni giorno e diventa sempre meno accettabile. Bisogna impedirlo. Tutto qui".

Per i lettori di Tgcom24 due storie raccontate in "Vampiri"

Il consigliere regionale che prende un milione e 600.000 euro Un milione e 600.000 euro. Anzi, per essere esatti: un milione 636.000 e 905 euro lordi. È il vitalizio d'oro incassato, tutto in una volta, da Claudio Lavoyer, ex consigliere della Valle d'Aosta. Sessantacinque anni, architetto, originario di Chambave, esponente della Fédération Autonomiste, gruppo che ha le radici nella vecchia Democrazia cristiana, è stato in Regione per 25 anni, ricoprendo più volte anche il ruolo di assessore. Quando nel 2013 è stato costretto a lasciare, ha scelto di incassare il vitalizio in un'unica soluzione. E così è saltata fuori quella cifra monstre, la più alta che sia mai stata pagata nella storia dei vitalizi italiani, dove pure gli esempi di generosità non mancano certo. Meglio del gratta e vinci, si capisce. E pensare che la carriera politica di Lavoyer non è certo priva di ombre. Quando era assessore al Turismo venne condannato in primo grado per truffa ai danni della Regione, in un'inchiesta sui ritiri delle squadre di calcio. Insieme a lui venne condannata anche la compagna (pure lei in politica). La vicenda si è chiusa con la prescrizione. Nel 2012 fu costretto a dimettersi dalla carica di assessore alle Finanze in seguito agli accertamenti della Banca d'Italia, che aveva scoperto sul suo conto corrente movimenti anomali per 40 milioni di euro. Nel 2016 è finito sotto processo per le spese pazze della Regione e per il fallimento del Pala Gagliardi (danno erariale di 416.000 euro), insieme ad altri esponenti della politica locale. A tutto ciò si aggiunge anche una sospensione della patente di alcuni anni fa perché l'allora assessore Lavoyer era stato trovato positivo al test dell'alcol. L'episodio non può che far riflettere: non saranno mica stati ubriachi anche i consiglieri regionali che hanno dato il via libera a certi vitalizi? È stato fatto loro l'alcol test? In Val d'Aosta, in effetti, vanno le pensioni ad alta gradazione: 1.202.606 euro lordi all'ex assessore dell'Union Valdôtaine, Gino Agnesod; 1.136.990 euro lordi al veterinario Franco Vallet, pure lui dell'Union Valdôtaine. E soprattutto quasi 1 milione di euro (995.386 lordi per l'esattezza) all'imperatore Augusto, al secolo Augusto Rollandin, 68 anni, di Brusson, uno che regna incontrastato sulla Valle da trent'anni. E che nel 2014 è stato eletto presidente per la sesta volta. Anche la carriera del presidente Rollandin, per la verità, non è immune da qualche macchia. Condannato in via definitiva una prima volta nel 1994 per una vicenda di appalti, viene poi messo sotto accusa per alcuni finanziamenti a società nelle quali risultava socio occulto. Reato prescritto in sede penale, ma non in sede contabile: la Corte dei Conti lo ha condannato a risarcire alla Regione 480.000 euro. Teoricamente questo debito e questa condanna gli avrebbero impedito la ricandidatura nel 2014. Ma sapete che ha fatto Rollandin? Semplice: ha usato i soldi del vitalizio per saldare i suoi debiti. Dunque riassumendo: c'è un presidente regionale in carica che incassa 1 milione di euro di vitalizio, e poi usa i soldi della Regione per pagare il conto alla Regione e tornare a governare la Regione. In pratica: noi paghiamo, lui comanda. Non a caso lo chiamano l'Imperatore. In effetti: sbagliando s'impera.

Due anni in Senato, 56 anni di vitalizio ai parenti Ma la reversibilità, va detto, non è una prerogativa solo della Sicilia. Anzi. È prevista un po' dappertutto. A partire dalle Camere nazionali. Ne godono oggi, infatti, i parenti di 1.076 ex parlamentari (642 ex deputati e 434 ex senatori). I loro nomi, perlopiù, sono ignoti: a parte le nostre tasche, non li conosce nessuno. Per esempio, avete mai sentito parlare dell'avvocato molisano Giovanni Ciampitti? Nato nel 1877, anno in cui Giosuè Carducci pubblicava le Odi barbare e la regina Vittoria veniva proclama imperatrice d'India, è stato prima all'Assemblea costituente e poi senatore fino al 1953. Da quel momento ha incominciato a incassare: nel 1967, poi, cioè dopo la sua morte, il vitalizio è passato ai legittimi eredi, i quali lo riscuotono allegramente ancora oggi. Sessantaquattro anni dopo. Sessantaquattro anni di vitalizio vi possono bastare? Voi direte: era un padre costituente. E va bene. Attilio Venudo, invece, non era un padre costituente: era soltanto un preside delle scuole medie, parlamentare dc per appena 4 anni: eletto nel 1959, è morto, mentre era in carica, nel 1963. Ma tanto è bastato per far scaturire un vitalizio che ancora oggi scorre nelle tasche degli eredi, per un totale di 54 anni consecutivi di reversibilità. Cinquantaquattro anni di vitalizio per 4 anni di lavoro (lavoro: si fa per dire): non male, no? Eppure non è nemmeno un record. C'è infatti un vitalizio reversibile che al Senato dura da 56 anni per appena due anni e mezzo di lavoro (lavoro: si fa per dire): è quello di Francesco Primerano, calabrese di Sambiase (Catanzaro), comunista, eletto nel 1958 e deceduto il 23 gennaio 1961, all'età di 46 anni. Ai suoi cari ha lasciato sicuramente un dolore infinito. Ma, da allora, è infinito anche il vitalizio… Che ci volete fare? Hanno passato anni a dirci «il vitalizio non è una pensione», «sbagliate a considerare il vitalizio come una pensione», «non confondete il vitalizio con la pensione». Ma se uno va a vedere come funziona il vitalizio scopre che, invece, sono proprio loro (che l'hanno inventato) a trattarlo da pensione, a tutti gli effetti. Con tutti i requisiti tipici. A cominciare, per l'appunto, dalla reversibilità estesa in ogni dove e in ogni come. E infatti del vitalizio reversibile oggi usufruiscono, oltre che i parenti dei citati 1076 defunti parlamentari, anche i parenti di 61 ex consiglieri lombardi, di 49 ex consiglieri pugliesi, di 42 ex consiglieri toscani, di 22 ex consiglieri della Basilicata, di 30 ex consiglieri del Molise, di 34 ex consiglieri dell'Abruzzo, di 25 ex consiglieri della Valle d'Aosta, di 57 ex consiglieri della Campania… In Campania, per altro, nel luglio 2016 è stata avanzata una proposta per abolirli. «Se per il vitalizio i cittadini s'infuriano, figuriamoci per la reversibilità » ha scritto «Il Mattino» nel dare conto dell'iniziativa. La quale, però, è stata immediatamente affossata al grido di «difendiamo la memoria dei consiglieri defunti». In effetti: difendiamo la loro memoria. E se non tutti hanno lasciato un buon ricordo nel Paese, pazienza: l'importante è che abbiano lasciato il vitalizio ai loro cari. Prendete il caso di Carmine Mensorio, medico chirurgo, ordinario di anatomia e potente direttore dell'Isef di Napoli, il più votato nella Dc alle regionali del 1975, poi eletto in Parlamento a partire dal 1979. Nella stagione di Tangentopoli Mensorio fu accusato di legami con la camorra e per questo, il 16 agosto 1996, si buttò da una nave che lo stava riportando a casa dalla Grecia. «Griderò la mia innocenza anche davanti a Dio» scrisse sul biglietto d'addio. Era davvero innocente? Vittima della malagiustizia? Finito ingiustamente nel violento tritacarne di quel periodo? Può essere. Ma quello che è sicuro è che da allora, cioè da 21 anni, i suoi familiari incassano non una ma ben due pensioni di reversibilità: quella pagata ogni mese dal Senato e quella pagata ogni mese dalla Regione Campania (2000 euro lordi). Ha senso che esista un doppio vitalizio reversibile? Ha senso pagarlo per 21 anni? A me sembra di no. Non ha senso, nemmeno nel caso in cui la persona morta abbia subìto la più grave ingiustizia che si possa immaginare. Perché, è chiaro: se qualcuno ha sbagliato ad accusare Mensorio o a metterlo alla berlina, provocando così il suo suicidio, deve pagare caro. Ma deve pagare lui, magistrato o giornalista che sia. Non noi, per 21 anni e ancora di più. In Lombardia spicca, invece, il caso di Giampiero Svevo. Oggi è un signore ottantenne, che vive a Monza e si dedica ad attività benefiche, fondazioni e onlus, e che, per questo, merita tutto il nostro rispetto. Ma la domanda resta: è accettabile che da 7 anni, cioè dalla morte della moglie, questo signore possa incassare non uno ma ben due vitalizi di reversibilità? Uno lo paga la Regione Lombardia (circa 1700 euro al mese), uno ancor più sostanzioso il Senato. Il signor Giampiero aveva iniziato a fare politica da giovane, insieme a una ragazza, che divenne poi sua moglie. Siccome capì che quella ragazza, politicamente parlando, era più brava di lui, il signor Giampiero si ritirò e le lasciò la strada libera. Lei per ringraziarlo prese anche il suo cognome e divenne piuttosto nota come Maria Paola Colombo Svevo. Molti la ricorderanno: fu consigliere regionale, poi assessore, poi senatrice per tre legislature, poi deputata europea. Una carriera brillante, dalla quale sono scaturiti i due vitalizi, che dopo la sua morte sono diventati, per l'appunto, due vitalizi con reversibilità a vantaggio del signor Giampiero. Ma è giusto? Va detto che, nel frattempo, quest'ultimo non ha rinunciato a nulla in campo professionale. Anzi, ha fatto una carriera brillante nel settore assicurativo: è stato amministratore delegato, direttore generale, consigliere di diverse società, ha guadagnato giusti stipendi, ha versato adeguati contributi e dunque ha maturato, come tutti, una legittima pensione. E allora per quale diavolo di motivo deve avere in più altri due vitalizi? Solo perché è stato sposato con una parlamentare? E perché chi sposa una parlamentare deve essere avvantaggiato rispetto a chi ha sposato un'operaia o un'impiegata?

Vampiri
Mario Giordano
Mondadori
€ 18,50