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11 luglio '82, l'Italia è campione del mondo Trent'anni dopo tra amarcord, emozioni e rabbia

Quella domenica dʼestate tra Rossi, Pertini e un Paese in festa. Cosa resta oggi di quelle notti magiche in Spagna?

Zoff, Gentile, Cabrini, Bergomi, Collovati, Scirea, Bruno Conti, Tardelli, Rossi, Oriali, Graziani.

Più Causio e Altobelli. Se questi tredici cognomi in rapida successione (è ammesso invertire Bergomi con Gentile o Graziani con Rossi) non scardinano qualche cassetto della vostra memoria allora significa che quell'11 luglio 1982 è stata una domenica sera come tante sia che l'abbiate vissuta sia che ve l'abbiano raccontata.

Chi l'ha vissuta invece può fieramente snocciolare anche i nomi dei marcatori più "il rigore fallito da Cabrini" e dire “io c'ero”. E chi c'era - com'è accaduto esattamente sei anni e due giorni fa sotto il cielo azzurro di Berlino - ricorda ancora e per sempre dove ha visto quell'Italia-Germania 3-1 e chi aveva vicino. Perché esattamente l'11 luglio di trent'anni fa l'Italia diventava campione del mondo per la terza volta, vincendo in Spagna forse il più incredibile dei Mondiali dell'era moderna.

Incredibile perché nessun bookmaker avrebbe mai accettato puntate sull'undici di Bearzot. Incredibile perché pareggiare con la Polonia di Zmuda e Boniek, il Camerun di Nkono e Milla e il Perù di Uribe sembravano altrettanti timbri sul biglietto di ritorno a casa della comitiva azzurra. Incredibile perché Espana 1982 avrebbe dovuto essere il mundial di Maradona, Rumenigge, Zico e Falcao e invece fu quello di Zoff, Conti e del signor Rossi, rientrato appena in tempo dopo una squalifica per il primo calcioscommesse di una lunga serie.


Ebbene sì: a chi è nato negli Anni Sessanta e nella prima parte dei Settanta il nodo alla gola è concesso. Perché davanti (a noi) c'era ancora la meglio gioventù. Perché dall'urlo di Tardelli in poi nulla è stato come prima: il calcio è tornato a essere una cosa seria, perché avevamo vinto un mondiale ossia quel sogno che generazioni di tifosi avevano atteso invano. Perché anche grazie ai calci tirati al pallone Tango l'Italia capì che poteva mettere una pietra su anni di piombo e tensioni di svariati colori e matrici.

11 luglio '82, l'Italia è campione del mondo Trent'anni dopo tra amarcord, emozioni e rabbia - foto 1
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11 luglio 1982: "Avrai" di Baglioni, Spadolini e l' "Orecchiocchio"
Nel bene o nel male tutti sappiamo com'è questo 11 luglio 2012. Proviamo a pensare all'11 luglio del 1982. A guidare la hit parade (45 giri, ellepì e musicassette) trasmessa dalla Rai sabato 10, è Claudio Baglioni con “Avrai”, costretto di lì a sette giorni a cedere il passo a “Bravi ragazzi” di Miguel Bosè. E' anche l'anno di "Dei Kommissar", cantato da Falco. Dagli Usa arrivano “Thriller” e, al cinema, E.T., Rocky III e Rambo.

Per la prima volta nel dopoguerra a Palazzo Chigi non alloggia un democristiano: le redini del Paese sono in mano a Giovanni Spadolini, repubblicano ed ex direttore del “Corriere della Sera”. Con lui - tra gli altri - i craxiani Formica (ministro delle Finanze), De Michelis (Partecipazioni statali), Rognoni (Interno), Darida (Grazia e Giustizia), Andreatta (Tesoro). Preistoria politica: il rimpasto è nell'aria, quell'esecutivo cadrà il 22 agosto. L'inflazione è in salita, dal 15,2 di giugno al 16%.

Quell'11 luglio 1982 in tv Rai1 alle ore 20 trasmette il più burocratico dei tiggì, Rai2 e Capodistria mandano in diretta dalle 19.55 la partita, Rai3 due speciali “Orecchiocchio” (dedicati a Drupi e Teresa De Sio), Rete4 il telefilm “Due onesti fuorilegge”, Canale 5 il film “Anonimo Veneziano”, Italia 1 i “Chips” e TeleMonteCarlo il film “Pranzo al Ritz”.

L'Italia è ancora sotto choc per i delitti del mostro di Firenze: le ultime vittime risalgono a venti giorni prima del trionfo di Madrid. Sono una coppia di fidanzati, Antonella Migliorini (19 anni) e Pietro Mainardi (22) trucidati a Baccaiano di Montespertoli, nella Val di Pesa.

Juve campione e Milan in B
Torniamo al pallone. Le lezioni spagnole di catenaccio dai piedi buoni arrivano da un campionato di Serie A non certo esaltante. La Juve è campione d'Italia con 46 punti, uno in più della Fiorentina. Oltre al blocco azzurro (sei titolari) Trapattoni può contare su Domenico Marocchino, Liam Brady, Massimo Bonini, Claudio Cesare Prandelli, Roberto Tavola e Roberto Bettega. Capocannoniere è il romanista Pruzzo (15 gol, uno in più di Edi Bivi, all'epoca a Catanzaro). In B finiscono Milan (fresco dell'affermazione in Mitropa Cup), Como e Bologna.

Rossi e gli altri: campioni e uomini
Bearzot sa pescare il meglio di quell'anno, aspettando lo stesso Paolo Rossi, trasformandolo nel Pablito da Pallone d'Oro. Ma una volta tanto di quella squadra non c'è un giocatore che fa la differenza: sotto gli occhi di Sandro Pertini trionfa un collettivo fatto di uomini e campioni. Certo, Rossi la butta dentro ma potremmo passare ore a discutere di cosa non fece Conti palla al piede sulla fascia sinistra, delle maniere forti di Gentile, della classe di Scirea, della vita da mediano di Oriali, del cuore di Graziani e Tardelli, dello stile di Antognoni. E dell'umanità di Bearzot e dei suoi campioni del mondo.
Oggi guardarsi indietro fa male. Ma forse fa più male pensare al pallone trent'anni dopo Zoff, Gentile, Cabrini...: Calciopoli, difensori che si vendono derby e faccia, diatribe sul 4-4-2 o su 3-4-3, il sano bar dello sport amplificato da ore di dirette tv e radio, delinquenti che controllano ancora le curve di stadi vetusti. E una Nazionale che, con quella del 1982, non ha niente a che vedere se non la data di nascita di Antonio Cassano, venuto al mondo proprio quell'undici luglio a Bari Vecchia.