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Wilco: "Il rock'n'roll? Non fermarsi mai!"

Il chitarrista della band Neils Cline parla a Tgcom24 prima dei due concerti italiani

Ap/Lapresse

L'attesa per un concerto rock è già un evento molto prima che si spengano le luci in sala e il pubblico cominci a muoversi, cantare, emozionarsi, sudare.

Succede pochissime volte in una stagione musicale. Sta capitando in questi giorni in vista del doppio imperdibile appuntamento con gli Wilco, l'8 marzo all'Alcatratz di Milano e il 9 all'Estragon di Bologna. La data emiliana è già sold out.

E' irrinunciabile l'appuntamento con la band capitanata da quel genio schivo di Jeff Tweedy, voce e leader della band dell'Illinois. Perché da "A.M." - primo album del ‘95 - a oggi, i suoi testi hanno raccontato la doppia anima dello spirito americano come pochissimi altri artisti. Per qualcuno ciò che Bob Dylan era stato negli Sessanta, lo sono oggi gli Wilco. L'introspezione e il desiderio d'impegno, l'amore e il desiderio di libertà sono da sempre il pane sfornato dal talento degli Wilco. Eclettici per necessità passano dalle melodie pop al rock più sperimentale che si appoggia saldamente alla tradizione del country e del folk con la facilità con cui un panettiere impasta una michetta. Ecco perché tanta attesa. Ecco perché per presentarvi il concerto degli Wilco abbiamo raggiunto al telefono Neils Cline, virtuoso chitarrista del gruppo.

Siete da poco sbarcati in Europa col tour di "The Whole Love" e finalmente suonerete in Italia. Qual è finora il bilancio della vostra ultima fatica?
Siamo molto orgogliosi di questo lavoro, non solo perché è andato bene nelle vendite, ma soprattutto per il traguardo musicale raggiunto. Dal vivo poi suona davvero bene, facciamo sempre 8 o 9 brani a serata che si adattano perfettamente alla dimensione live. Ci divertiamo un sacco!

Siete al nono album. C'è tutto quello che vi ha ispirati negli ultimi anni, dai Beatles al Neu Rock, passando per il blues, l'elettronica, il folk, il country, la tradizione e la ricerca, insomma, amalgamate in una miscela unica. Senti che oramai avete raggiunto la vostra cifra stilistica definitiva oppure siete pronti a ricominciare tutto daccapo?
E' vero che quest'album forse più degli altri rappresenta al meglio l'universo Wilco e quello che gli gira intorno, ma c'è ancora molto da esplorare. Ogni album finora è stato una risposta alle suggestioni e agli stimoli che Jeff ci ha trasmesso. Non decidiamo mai nulla a tavolino, ma ogni lavoro è il frutto dell'improvvisazione sui suoi testi. Da qui in poi tutto può accadere, diciamo. Magari il prossimo disco sarà un doppio, magari un triplo tutto strumentale, oppure un album molto breve di punk rock. Non lo sappiamo, il bello è che tutto è possibile.

La prima traccia, "Art of almost", è una ballata di oltre sette minuti, forse il brano più complesso e sperimentale dell'intero disco, una sintesi meravigliosa della vostra curiosità musicale che dalla tradizione decide di esplorare i territori del post rock. È assurdo paragonarvi ai Radiohead?
Non pensavamo ai Radiohead, è nata dal caso, nel senso che il nostro batterista alla fine di un demo ripeteva ipnoticamente un ritmo lento che suonava quasi onomatopeico. Jeff ha avuto l'intuizione di spalmare quel battito ossessivo su tutto il pezzo. Mikael Jorgensen, il nostro tastierista, è molto interessato a quel mondo ed è un grande sperimentatore a suo agio coi sintetizzatori e la musica elettronica. Da lì è scaturito il mio assolo di chitarra e all'improvviso il brano si è trasformato in una canzone elettronica. Non avevamo in mente Thom York e i suoi, ma il risultato è vicino a quelle sonorità, il paragone non è assolutamente fuori luogo. E comunque i Radiohead ci piacciono molto.

Il presidente Obama ha recentemente reso pubblica la sua colonna sonora per la prossima campagna elettorale. Che effetto ti fa sapere che nella sua play-list ci sono gli Wilco, gli Earth, Wind & Fire, ma anche, tra gli altri, i No Doubt, Florence and the Machine e Jennipher Hudson?
Beh, è un onore stare vicino agli Earth, Wind & Fire...

D'accordo, ma cosa mi dici di Jennipher Hudson, o dei No Doubt...
A nessun artista dovrebbe importare quali siano gli altri gusti musicali di chi lo ascolta. Sarebbe un sintomo di grande insicurezza. Per quello che riguarda il Presidente Obama, beh dobbiamo tornare indietro a Chicago, all'Illinois, ai tempi in cui non era nemmeno senatore, lo conosciamo da sempre. Abbiamo seguito e sostenuto la sua corsa alla Casa Bianca. Un posto nella sua play-list ci spetta di diritto! (ride, n.d.r.)

Siete una delle band più rappresentative dell'indie americano. Cosa avete pensato quando a settembre l'icona del rock indipendente, i R.E.M., dopo anni di successi, ha annunciato lo scioglimento? E' stata L'inevitabile conseguenza dei contratti con le major, dell'apertura al mainstream e a tutte le conseguenze e i compromessi che ne derivano?
E' una domanda difficile! Siamo tutti molto amici dei membri dei R.E.M. Beh, in realtà non è stata una sorpresa per nessuno, ma un modo realistico di guardare in faccia le cose e capire che non c'erano più motivi per stare insieme. Certo non è mai piacevole quando succede, ma è così che va, i cambiamenti sono necessari, non c'è nulla di eterno...

A parte gli Wilco, no?
(ride, n.d.r.) Beh, noi siamo forse più flessibili di altri gruppi perché oltre agli Wilco seguiamo i nostri progetti personali e così si crea un continuo scambio tra quello che succede fuori e dentro la band. La freschezza, l'imprevedibilità, la curiosità musicale sempre viva ci permette di annoiarci il meno possibile. E' un po' questa la nostra filosofia e il senso del rock'N'roll: non fermarsi mai. Ma niente è per sempre, nemmeno gli Wilco.