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Nuove proteste in Iran, Guardia Rivoluzionaria spara: ci sono vittime

Centinaia di sono scese in strada per manifestare contro il governo e il carovita. Monito della Casa Bianca: "Il governo rispetti i diritti del suo popolo". La polizia iraniana: "Non siamo stati noi a sparare"

Nuove proteste in Iran, Guardia Rivoluzionaria spara: ci sono vittime - foto 1
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Dopo due giorni di proteste contro il carovita in diverse città iraniane, a Doraud, nella provincia di Loerstan, si sono registrate le prime vittime.

Secondo fonti locali, diverse persone sono state uccise e altre sono rimaste ferite negli scontri con le forze dell'ordine avvenuti a margine di una manifestazione. Nelle strade del Paese sono state attaccate banche e bruciati ritratti della guida suprema Ali Khamenei.

La polizia iraniana: "Non siamo stati noi a sparare" - Le vittime, almeno due secondo i media locali, sono state registrate a Doroud, una città circa 325 chilometri a sudovest di Teheran. Le autorità non hanno spiegato le cause della morte dei dimostranti, ma hanno sottolineato che "nessun proiettile è stato sparato dalla polizia e dalle forze di sicurezza sulla folla".

La protesta di Doroud non era stata autorizzata. "Il raduno doveva finire in modo pacifico ma sfortunatamente questo e' successo a causa della presenza di agitatori", hanno sottolineato le autorità. In alcuni video pubblicati sui social, si vede un dimostrante con una ferita da arma da fuoco e manifestanti a terra mentre in sottofondo si sente il rumore di spari.

A Teheran numerosi gruppi di studenti sono scesi nelle vie intorno all'università unendosi alle contestazioni. Nel contempo però, sia nella capitale sia in altre località, decine di migliaia di persone hanno organizzato manifestazioni a favore dell'attuale governo e del presidente Hassan Rohani.

A fronte di un dispiegamento di polizia imponente, finora gli arresti hanno riguardato un'ottantina di persone, mentre la diatriba interna si è velocemente spostata sul piano politico, in particolare con gli Stati Uniti. Il presidente americano Donald Trump, infatti, attraverso la portavoce della Casa Bianca ha twittato: "Il governo iraniano dovrebbe rispettare i diritti del suo popolo, compreso il diritto di espressione. Il mondo sta guardando". E ha citato le "proteste pacifiche di cittadini iraniani stanchi della corruzione del regime e dello sperpero delle ricchezze nazionali per finanziare il terrorismo all'estero".

"Dichiarazioni ingannevoli, ipocrite e opportunistiche", ha commentato il portavoce del ministro degli Esteri iraniano, Bahram Gashemi. Che ha invitato "il popolo iraniano a non dare credito alle critiche espresse dal signor Trump o dai suoi funzionari". Nessun accenno, per ora, da parte di Teheran al fatto che la situazione di criticità economica per settori della popolazione iraniana è in parte causata proprio dall'atteggiamento degli Usa e dal persistere di alcune sanzioni, volute da Trump nonostante l'accordo nucleare siglato dal suo predecessore Barack Obama nel 2015 e che l'America dell'attuale presidente Usa vorrebbe cancellare.

Propagandato dalla tv di Stato, invece, l'invito agli iraniani a non partecipare a "raduni illegali". Secondo numerosi osservatori l'invito è diretto a intellettuali e borghesia illuminata che rimproverano al presidente Rohani di non aver ancora realizzato le sue promesse su diritti civili, diritti politici e diritti umani. Numerosi sono gli iraniani delusi dal fatto di non avere ottenuto benefici dall'accordo del 2015 sul nucleare, che ha permesso la revoca di sanzioni internazionali che colpivano la Repubblica Islamica.

Un monito però anche a quella parte iper-conservatrice del Paese che rimpiange la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad e che, sempre oggi, ha voluto festeggiare la sua rielezione a presidente nel 2009. Otto anni fa Ahmadinejad riuscì a sconfiggere la piazza e i candidati moderati di allora, Mirhossein Mousavi e Mahdi Karrubi.

Dopo anni sottotono, ora molti ritengono che ci sia anche lui dietro agli attuali problemi economici di Rohani. Ahmadinejad ha infatti avviato una sorta di sotterranea campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2020, diffondendo dichiarazioni pubbliche e messaggi sui social network che criticano la situazione del Paese e anche la magistratura, rea di aver fatto finire in carcere persone a lui vicine per corruzione e reati finanziari.