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L'assenteismo in Italia

Ridurre l'assenteismo del settore pubblico ai livelli delle aziende private consentirebbe risparmi per 3,7 miliardi di euro

Si parla spesso dei cosiddetti “furbetti del cartellino”, ovvero quei dipendenti che si presentano sul posto di lavoro presentando il proprio badge (quindi confermando di essere andati a lavorare) per poi invece riandarsene.

Un malcostume che pesa notevolmente sia dal punto di vista produttivo ma anche dal punto di vista puramente “monetario”.

Stando ad un'indagine sul Lavoro svolta dall'ufficio studi di Confindustria nel pubblico impiego l'assenteismo è di oltre il 50% contro il 5,49% registrato tra i dipendenti delle aziende private.

Una percentuale bassa, quella rilevata nel settore privato. Tanto da porre il nostro Paese tra i più virtuosi in Europa. Secondo quanto emerso infatti da una recente analisi della Ayming (Barometro sull'assenteismo) il nostro Paese farebbe meglio di Paesi come la Spagna, con una quota del 6%, il Portogallo, con il 6,21%, e la Francia, con il 7%.

Un dato interessante che emerge dallo studio è la correlazione tra la quota di assenteisti e la dimensione d'impresa: al crescere della seconda, aumenta anche la prima. Secondo le rilevazioni, infatti, mentre nelle aziende con un numero di addetti compreso tra le 20 e le 50 unità la percentuale si attesta all'1,28%, in quelle con un numero compreso tra i 250 e 499 dipendenti sale all'8%, con notevoli ripercussioni dal punto di vista economico. Basti pensare che, se si riuscisse a portare l'assenteismo del settore pubblico ai livelli del privato, si potrebbero risparmiare 3,7 miliardi euro all'anno.