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Mondiali: Italia, la storia si ripeteUn altro anno zero per la Nazionale

Dopo quattro anni, usciamo ancora al primo turno al Mondiale. Eppure, nel 2010, al ritorno dal Sudafrica, si era detto che si doveva ripartire dai settori giovanili. Ma poco è stato fatto

italia uruguay
-afp

Parafrasando Eduardo Galeano (uruguaiano, non a caso), in soli dieci giorni l'Italia ha vissuto gli splendori e le miserie del gioco del calcio. A posteriori, è stato proprio lo splendore della vittoria contro l'Inghilterra che ci aveva fatto credere chissà cosa. Eppure la difesa aveva ballato parecchio pure a Manaus e Sirigu era stato tra i migliori. La nostra fortuna, paradossalmente, è stata che gli inglesi se la sono giocata a viso aperto aprendosi e dandoci la possibilità di esprimere un gioco.

Costa Rica e Uruguay hanno fatto emergere i nostri limiti, il vero volto di una nazionale povera di idee e incapace di tirare in porta. Ma se il fallimento con i centramericani di fatto non aveva compromesso le nostre possibilità di passare il turno, la disfatta con la Celeste è pesata ovviamente di più perché siamo usciti quando avevamo a disposizione due risultati su tre.

La nostra storia calcistica ci insegna che quando non siamo stati costretti a fare la partita ma dovevamo contenere, l'abbiamo quasi sempre portata a casa, perché siamo stati sempre più bravi a difenderci che ad attaccare. Ma la storia ha preso un altro corso: siamo riusciti, in questi anni, a sfatare anche la monumentale certezza che avevamo nella nostra difesa, in barba a chi ci ha sempre accusati di praticare il catenaccio.

Retroguardia molle, centrocampo senza idee, attacco evanescente e tutti miseramente a casa, senza neanche poter dire che l'arbitraggio scadente nel match decisivo è stata la causa principale della nostra débacle. Ha fatto bene Prandelli a dimettersi, dando un segnale di serietà in un Paese dove fare un passo indietro quando si sbaglia non è del tutto scontato. Ma addossare tutto le colpe al ct è ingiusto e non tiene conto di alcune considerazioni che ci riportano a quattro anni fa, quando anche in Sudafrica fummo sbattuti fuori al primo turno in un girone più mordido di questo.

Basta un minimo sforzo di memoria per ripensare a cosa si era detto nel 2010 all'indomani del tonfo della squadra di Lippi. Vi ricordate? "Bisogna rifondare il nostro calcio, puntare sui settori giovanili, ricreare un vivaio che diventi serbatoio per la nazionale". A quattro anni di distanza, nulla di tutto ciò è successo, anzi. Il calcio italiano in Europa è praticamente inesistente, in Champions non siamo nessuno e continuiamo a perdere posizioni nel ranking internazionale.

Non solo: i settori giovanili sono imbottiti di ragazzini che vengono dall'estero, e certe prime squadre in campo schierano gli italiani col contagocce. Ma che fine hanno fatto, ad esempio, i nazionali dell'Inter, una delle società più ricche del campionato? E quelli di Roma e Napoli, seconda e terza forza del torneo? Si salva la Juve, che di fatto ha portato in blocco la sua squadra in azzurro, ma è la stessa Juve che, ahinoi, primeggia sì in Italia ma prende scoppole in Europa.

Certo, possiamo arrabbiarci per le esuberanze e le spacconerie di alcuni nostri campioni sopravvalutati, ma da che mondo e mondo le teste calde nel calcio e in nazionale ci sono sempre state. E finiamola con questa retorica inutile dei giocatori coccolati e strapagati.

Errare è umano, perseverare è diabolico. Nel giro quattro anni l'Italia calcistica c'è riuscita, la ricetta se si vuole uscire da questo mare di miseria la conosciamo, basta applicarla. Solo una volta nella storia era capitato che gli azzurri si bloccassero al primo turno in un mondiale per due edizioni consecutive, nel 1962 e nel 1966. Quattro anni dopo, in Messico, ci regalarono un torneo da favola, quello di Italia-Germania 4-3, per intenderci. Confidando nei corsi e ricorsi storici, ci culliamo in questi ricordi.