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La storia delle banane in campoItalia, primo caso nel 1982

Quella del lancio di frutta in campo è una triste abitudine negli stadi europei: Neymar, Balotelli, R.Carlos ed Etoʼo ne sono stati vittima, il primo caso in Italia è quello di Uribe

Dal Web

Considerare un frutto razzista è ridicolo, ma a volte la follia del razzismo costringe a riflessioni anche su questo tema.

Da diversi anni ormai i razzisti, specie i frequentatori degli stadi di calcio, si divertono a insultare i giocatori con la pelle scura, lanciandogli – o in modo più insinuante offrendogli – una banana. Un modo “scherzoso” per dirgli che non sono esseri umani ma scimmie. E' accaduto anche pochi giorni fa durante Villareal-Barcellona: il terzino bluagrana Dani Alves si apprestava a battere un corner quando dalle tribune è piovuta una banana, che il brasiliano ha raccolto e mangiato.

La storia delle banane in campoItalia, primo caso nel 1982

Altri giocatori brasiliani, solo pochi anni fa, erano stati oggetto dello stesso trattamento: al termine di uno Scozia-Brasile, il nuovo talento carioca, Neymar, era stato fatto bersaglio del lancio di alcune banane da parte, presumibilmente, dei tifosi scozzesi. Un analogo episodio era accaduto una settimana prima anche in Russia, dove un tifoso dello Zenit San Pietroburgo, aveva “offerto” una banana, volutamente sbucciata per metà, al brasiliano Roberto Carlos, che militava nell'Anzhi. Non fu la prima volta che i tifosi dello Zenit (balzati di recente ai disonori delle cronache per un manifesto omofobo e razzista) si “divertirono” in questo modo: lo avevano già fatto nell'incontro di Coppa Uefa del 2008 contro i giocatori neri del Marsiglia.


A volte le banane sono state sostituite dalle noccioline, altro alimento caro alle scimmie. E' capitato anche all'ex interista Samuel Eto'o, che nel 2005, quando indossava la maglia del Barcellona, venne bersagliato dai tifosi del Real Saragozza con il lancio, appunto di noccioline, ogni qual volta toccava il pallone. In quella occasione, anche per altri insulti, Eto'o aveva deciso di abbandonare il campo, ma alla fine non lo fece grazie all'intervento dei suoi compagni e poi segnò ed esultò imitando il verso della scimmia ("Bene, pensavo, hanno pagato il biglietto per venire a vedere una scimmia, facciamo la scimmia").


Nel 2007 suscitò invece un certo clamore il caso del congolese Zola Matumona, che giocava in Belgio con una squadra di Bruxelles. Per aver sbagliato un rigore, il presidente del club si sentì in diritto di dire: "Dovrebbe giocare meglio invece che pensare ad alberi e banane". Per tutta risposta il calciatore congolese rescisse il proprio il contratto, seguito a ruota dalla KIA, principale sponsor della squadra.

Anche in Italia non sono mancati episodi simili. Nel 2009 alcuni tifosi romanisti hanno lanciato banane contro Mario Balotelli mentre si trovava in un bar della Capitale durante il ritiro con la Nazionale Under 18. Tre anni prima, nella partita d'esordio dei Mondiali tedeschi contro il Ghana, un anonimo tifoso italiano si era presentato sugli spalti dello stadio di Hannover indossando il costume di un enorme banana di gomma. Era stato fermato e costretto a toglierselo.


Ma il primo episodio che vide coinvolte banane nel campionato italiano risale alla stagione 1982/83. Accadde a Verona il 1 novembre 1982, decima giornata di serie A. L'Hellas ospitava il Cagliari, che in estate aveva acquistato Julio Cesar Uribe, peruviano considerato il centrocampista più forte in circolazione nel suo paese, tanto che nel 1982, anno dei Mondiali, arrivò terzo nella classifica del Pallone d'oro sudamericano dietro a Maradona e Zico. Lo chiamavano "Il Diamante Nero". Mentre si avvicinava alla bandierina per battere un corner sotto la curva gialloblu, il peruviano diventò il primo giocatore di colore ad essere contestato per il colore della sua pelle in Italia. Dalla curva gli furono lanciate delle banane.


Ritenendo ridicolo vietare banane e noccioline allo stadio, è importante continuare a reagire, ad indignarsi, a denunciare e a riflettere. E la via indicata da Dani Alves è quella giusta. Lasciamo che le uniche banane sui campi di calcio siano quelle dei proverbiali "piedi a banana".