Ironico e rustico, questo era Manfredi
Nino Manfredi in un ritratto fatto dalle sue battute. Gli piaceva definirsi "un artista drammatico che fa dell'ironia", sull'Italia minima, sui sogni e sui tic della provincia anni '50. Pubblico e critica lo consacrarono ben presto come uno dei 'quattro moschettieri' della commedia all'italiana, con Sordi, Gassman e Tognazzi. Tra i 'colonnelli' della risata è stato il più rustico, orgoglioso com'era delle sue origini ciociare.
E ciociaro e "burino" amava definirsi, convinto com'era che "un attore può esprimersi al meglio solo con la propria lingua e la propria cultura".
Dal nonno aveva imparato che "prima bisogna preparare il terreno, poi seminare. Soltanto così - raccontava - si può sperare di raccogliere". E del contadino, a detta dei registi con cui lavorò, aveva la saggezza e la tenacia.
I suoi esordi furono difficili tra gag radiofoniche e particine in teatro. Fu la televisione ad aprirgli le porte del successo con 'Canzonissima' - edizione 1959-60 -. Quel "fusse che fusse la vorta bbona", lo sketch-tormentone del barista di Ceccano di "Canzonissima", rischiò di rimanergli appiccicato addosso per tutta la vita.
Così come la celebre pubblicità della marca di un caffé; per diciassette anni consecutivi pronunciò: "più lo mandi giù e più ti tira su." Indimenticabile rimane il gesto associato a queste parole, alla fine di ogni spot, quando abbassava e poi alzava la tazzina di caffè che aveva in mano.
"Albe', lasciami un posto in Paradiso, così continuiamo a scherza', sennò m'annoio...". Così Nino Manfredi aveva salutato Alberto Sordi, "grande compagno di vita", nel giorno della sua scomparsa, il 25 febbraio 2003. "Ora sono rimasto solo io, lui era nato il '20, io il '21. C'ho poco da campa'". Insieme Sordi e Manfredi hanno recitato in ben 15 film, dal 1953, sul set di "Canzoni, canzoni, canzoni" di Domenico Paolella (con un Albertone all'apice del successo e Manfredi ancora agli inizi) al 1990 con "In nome del popolo sovrano" di Magni.
In una delle ultime apparizioni pubbliche, al Festival di Taormina nel giugno del 2003, aveva lasciato il suo testamento: "Quando non ci sarò più, osserverete un minuto di silenzio, ma non barate perché io vi vedrò comunque...Certo - ha proseguito - se ce devo annà, ce devo annà, e visto che credo che passerò un po' all'inferno, sarò un po' accaldato, diciamo...".