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"Vietato fumare", la legge compie 10 anni

Nel 2003 la legge Sirchia proibisce per la prima volta il fumo nei locali pubblici. Ecco come è cambiata lʼItalia tra boicottaggi e rivolte anti tabacco

Ansa

Qualcuno l'ha definita la migliore legge del decennio. Altri hanno parlato di una norma discriminatoria. Tutti d'accordo sul fatto che il decreto approvato in Parlamento il 16 gennaio 2003 e noto come "legge Sirchia" ha cambiato per sempre il volto dell'Italia stabilendo per la prima volta il divieto di fumo nei luoghi pubblici.

Il provvedimento impiegò altri due anni prima di entrare definitivamente in vigore ma già da subito trovò l'opposizione degli accaniti fumatori che non hanno mai pensato di abbandonare il loro amato pacchetto. Da allora gli irriducibili si sono affidati alle sale fumo (stanzini sempre meno affollati) o, in mancanza di quelli, sono stati costretti ad accendersi un sigaretta al freddo, fuori dal bar, discoteca o ufficio.

Dalla sua approvazione la legge ha contribuito a far scendere del 6,3% il numero dei fumatori. E per evitare che gli under 16 fumino è stato introdotto l'obbligo di inserire la tessera sanitaria europea con il codice fiscale nei distributori automatici. L'unico a resistere è lo zoccolo duro dei 12 milioni di italiani che proprio non hanno intenzione di abbandonare il loro vizio.

"All'epoca la legge costituì un passo avanti che molti hanno copiato - racconta lo stesso Sirchia - ma quel provvedimento era solo un inizio, c'erano altre cose da fare che invece sono rimaste incompiute. Il risultato è che oggi molti paesi sono più avanzati del nostro, come ad esempio l'Australia che ha ingaggiato una vera e propria guerra alle multinazionali del tabacco, mentre da noi l'atteggiamento non è così netto".

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