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Giustizia, in Italia il primato delle prescrizioni
Canzio: "Le nostre carceri non sono dignitose"

Lʼallarme lanciato dal presidente della Corte dʼAppello di Milano allʼapertura dellʼAnno giudiziario

Ansa

L'affollamento delle carceri "supera ogni livello di tollerabilità e lede in modo grave e non più giustificabile la dignità" dei reclusi. A denunciarlo è il presidente della Corte d'appello di Milano, Giovanni Canzio, all'inaugurazione dell'Anno giudiziario. La situazione delle carceri, secondo Canzio, pone "in dubbio la legittimità, nelle condizioni date, delle modalità di esercizio del diritto punitivo dello Stato".

Nel nostro Paese il primato delle prescrizioni
"L'Italia ha il triste primato in Europa del maggior numero di declaratorie di estinzione del reato per prescrizione (circa 130mila quest'ultimo anno) e paradossalmente del più alto numero di condanne della Corte europea dei Diritti dell'uomo per la irragionevole durata dei processi", ha detto ancora Canzio alla cerimonia.

L'attuale disciplina della prescrizione del reato "appare illogica" e "si rivela con un agente patogeno", ha continuato, spiegando che "appare illogica l'attuale disciplina della prescrizione del reato nella parte in cui estende i suoi effetti sul processo penale, propiziandone il grado di ineffettività e la sconfitta dell'ansia di giustizia delle vittime e della collettività".

"Servono nuove scelte in fatto di giustizia"
E' stato poi rivolto un appello a procedere "presto, in un clima di proficuo dialogo, a nuove e più meditate scelte operative in tema di giustizia, a effettiva tutela dei bisogni e dei diritti fondamentali della persona": questo il forte invito rivolto da Canzio ai rappresentanti delle istituzioni, tra cui il premier Mario Monti, presenti all'inaugurazione dell'Anno giudiziario, arrivato al termine dell'intervento dell'alto magistrato milanese.

Sobrietà con la politica
Canzio ha poi invitato i magistrati a "equilibrio, moderazione, sosbrietà e riservatezza, anche sul piano dei rapporti con i 'media' e con la politica". Coniugando "potere e responsabilità", secondo Canzio, "l'indipendenza dei giudici sarà vista come la garanzia fondamentale dei cittadini".

"Fare più uso dell'archiviazione"
Per arginare una "smisurata quantità di notizie di reato" è "auspicabile un più largo uso" dell'archiviazione, ha sostenuto ancora Canzio, spiegando che "il processo penale è assediato da una smisurata quantità di notizie di reato, spesso indotte dall'improprio ricorso alla tutela penale e in numero non proporzionato alla capacità di risposta dell'apparato".

Per l'alto magistrato, "un primo argine è apprestato dall'archiviazione sulla base della regola dell'inidoneità degli atti di indagine a 'sostenere l'accusa in giudizio': formula questa, della quale è auspicabile un più largo uso, ispirato alla nozione di inutilità o superfluità del procedere all'esito di una prognosi di insuccesso dell'accusa".

Canzio ha infine sottolineato "la doverosità del rispetto dei termini dell'investigazione". E questo anche perché un'indagine "troppo lunga" e ancora di più se "corredata da misure custodiali - ha proseguito il presidente della Corte d'appello - esalta l'ipertrofia accusatoria, rafforza nell'opinione pubblica i pregiudizi di colpevolezza, può ledere il diritto di difesa dell'indagato, ne suscita la contrapposta ipertrofia difensiva".

Niente carcere per i giornalisti
"Si condivide il disagio di fronte al ricorso alla pena detentiva nel delicato settore dell'informazione, la cui libertà potrebbe risultarne pesantemente condizionata". Così Canzio ha fatto un implicito riferimento al caso Sallusti, sottolineando però anche che servono "soluzioni alternative, di tipo pecuniario e interdittivo, che non si risolvano, di fatto, nella sostanziale impunità".