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Dalle caciotte nello spazio alle ambasciate
Le spese per le "missioni estere" delle Regioni

Ecco come le amministrazioni regionali promuovono prodotti e rapporti diplomatici con gli altri Paesi

Regione Veneto

Dalle caciottine di bufala inviate nello spazio dal Lazio ai tempi di Storace alle sedi di rappresentanza di molte amministrazioni, pagate fior di milioni e lasciate deserte. Le spese delle Regioni per le loro "missioni estere" sono davvero ingenti e, spesso, dettate da esigenze fantasiose, come raccontato dal "Corriere della Sera". La regione più attiva nell'attività diplomatico-commerciale? La Liguria.

Ad andare a spulciare i conti delle Regioni nelle loro attività di politica estera è Sergio Rizzo, che dalla Casta in poi di sprechi se ne intende.

La Liguria solo tra il 2011 e il 2012 ha tenuto rapporti stretti, con relativi viaggi di rappresentanza, con Ucraina, Australia, Russia e Brasile.

Anche se il Lazio ai tempi della giunta Storace ha piazzato un colpo ineguagliabile, andando oltre i confini terracquei, contribuendo al finanziamento di una missione spaziale della navicella Soyuz, a bordo del quale c'era il cosmonauta viterbese Roberto Vittori. E con lui una serie di prelibatezze regionali, dal miele alle caciotte, passando per il pecorino di Sabina e le olive di Gaeta.

Nello spazio, però, almeno per ora, non ci sono ambasciatori. Quelli che invece le Regioni hanno dislocato in molte parti del mondo. Secondo un censimento realizzato dal ministero dell'Economia un paio di anni fa, sono 178 le ambasciate tra uffici e sedi vere e proprie. Sedi non certo "economiche". A Bruxelles la Regione siciliana ne ha acquistata una a 2 milioni e 600 mila euro (650 metri quadri), mentre il Veneto è riuscito a fare di meglio spendendo un milione in più per la sua.

Sedi che peraltro spesso servono a poco. Se è vero che  quella della Regione Campania a Manhattan (un milione e 400 mila euro l'anno di affitto) viene usata dal responsabile solo per pochi giorni al mese. In compenso venivano pagati anche tre addetti che, per promuovere l'immagine della Campania, organizzavano eventi ai quali partecipavano esclusivamente emigrati italiani e che nemmeno parlavano l'inglese.